Teachers for Future: per l’ambiente sempre a fianco degli studenti.
Intervista di Anna Magli a
Teachers for Future Italia, il collettivo nazionale che include insegnanti, educatori, dirigenti scolastici e rettori, professori e ricercatori che aderiscono al Manifesto degli Insegnanti per il Futuro.
Intervista a Teachers for Future Italia, il collettivo nazionale che include insegnanti, educatori, dirigenti scolastici e rettori, professori e ricercatori che aderiscono al Manifesto degli Insegnanti per il Futuro, pubblicato in occasione del primo sciopero globale per il clima. Il collettivo affianca e sostiene gli studenti che si mobilitano per chiedere un efficace contrasto ai cambiamenti climatici. Ne parliamo con Monica Capo, docente di scuola primaria, giornalista free lance e attivista climatica ed ambientale e portavoce di TFF.
Come e quando nasce il vostro movimento e quanti docenti avete iscritti?
Il collettivo TFF Italia è nato a marzo 2019, in occasione del Global Strike For Future, cui hanno partecipato una novantina di Paesi e più di 1.325 città, ed è nato soprattutto guardando a ciò che avveniva in paesi come la Spagna e la Germania, dove il movimento degli insegnanti in lotta contro il cambiamento climatico era già ben strutturato e organizzato.
Monica, nel vostro manifesto si legge la dichiarazione di schierarvi incondizionatamente a fianco degli studenti nella lotta contro i cambiamenti climatici, sostenendo le manifestazioni studentesche e invitando i colleghi ad ascoltare queste proteste e riconoscere le loro ragioni, a sostenere le mobilitazioni, a convalidare le giustificazioni delle assenze dalle lezioni. Come è stato accolto da provveditorato e presidi il vostro appello?
Direi che fin dal principio c’è stata una grande collaborazione sia da parte dello stesso Miur che dei Dirigenti scolastici. Questi ultimi hanno appoggiato le proteste degli studenti e in molti casi hanno dichiarato emergenza climatica nei loro istituti.
Il mio Comprensivo Frattamggiore 2 Capasso Mazzini è stato il primo in Italia a emanare questo importante atto impegnandosi nel raggiungimento di obiettivi di sostenibilità come suggerivano le Linee guida emanate proprio dal nostro collettivo e che sono facilmente reperibili sul nostro sito web.
A che età si può cominciare a sollecitare nei ragazzi una coscienza ambientale e come sensibilizzarli al cambiamento climatico senza creare paure?
Non è mai troppo presto per cominciare a parlarne ma bisogna farlo innanzitutto in modo appropriato all’età, evitando di spaventarli inutilmente. La chiave è assicurarsi di aver gettato le basi affinché i bambini e i ragazzi possano essere curiosi del mondo naturale ed apprezzarlo. Ciò può significare guardare un documentario sulla natura, visitare un centro faunistico o un museo di storia naturale, o introdurli in habitat naturali come un torrente, una spiaggia o una foresta perché sono tutte esperienze che danno la sensazione che sia importante prendersi cura della Terra. Si possono usare opportunità quotidiane come annaffiare i fiori, visitare il mercato degli agricoltori e camminare invece di guidare per aiutare i bambini a capire i diversi aspetti della natura e della sua conservazione. Serve insistere, inoltre, sulle scelte della famiglia focalizzate sulla conservazione come il riciclo dei materiali, come l’evitare i prodotti di plastica non necessari e come scegliere quegli alimenti che producono meno gas serra: quando si collegano queste attività alla protezione del pianeta e delle sue risorse, i bambini sviluppano una comprensione più profonda di come il comportamento umano può influenzare la Terra. Un’altra questione di non poco conto è quella di essere in grado di aiutarli a comprendere alcuni concetti scientifici generali. Infine, serve che le conversazioni con i bambini sul cambiamento climatico si concentrino sullo sviluppo del pensiero critico. Nel momento in cui i bambini raggiungono il primo o il secondo grado di conoscenza del fenomeno, i genitori possono provare ad avere discussioni più complesse sulle cause del cambiamento climatico e sugli effetti del riscaldamento globale, purché utilizzino un linguaggio semplificato o riconoscibile ma soprattutto serve che mettano in evidenza le storie di successo, orientate all’azione. Bisogna dare ai bambini il potere di fare passi avanti verso l’advocacy, aiutarli cioè a concentrarsi su un impatto positivo, non importa quanto piccolo, che anche loro stessi possono avere sui problemi. L’empowerment, però, può arrivare anche attraverso l’educazione infatti imparare perché il clima e le condizioni meteorologiche non sono più gli stessi è fondamentale per i bambini (e per i loro genitori), in particolare perché alcune persone falsamente insistono su eventi meteorologici estremi, una bufera di neve ad aprile, un’ondata di caldo in ottobre, per dimostrare che il cambiamento climatico non è reale. I bambini tendono a chiedersi se le conclusioni della scienza del clima siano vere, vogliono sapere se le calotte polari si stiano davvero sciogliendo o se è vero che l’oceano sta diventando più acido ma piuttosto che dare risposte affermative o negative a tali domande, bisogna insegnare ai bambini le capacità di pensiero critico per leggere, analizzare e valutare varie informazioni che potrebbero ricevere: l’obiettivo è aiutarli a conversare in modo informato.
Indipendentemente dall’età di un bambino, gli adulti dovrebbero evitare di enfatizzare la paura o l’impotenza quando parlano di cambiamenti climatici: il trucco è l’onestà. Se ci fossero, invece, genitori preoccupati ad affrontare l’argomento del cambiamento climatico con i loro bambini potrebbero aspettare che ad affrontare l’argomento sia prima un insegnante, tuttavia i genitori hanno un netto vantaggio sugli educatori perché i primi conoscono gli interessi dei loro figli, la loro intelligenza emotiva e il modo in cui sono influenzati da notizie difficili. In ogni caso, si può trovare il modo di supportarli, concentrandosi sulle soluzioni e mettendo in evidenza le storie di successo, in modo da cambiare radicalmente il ruolo che i bambini si attribuiscono nel cambiare il futuro del pianeta.
Come vi rapportate con i genitori in merito alle campagne di educazione alla sostenibilità ambientale? Riscontrate collaborazione o resistenza?
Troviamo una grande collaborazione nei genitori soprattutto perché visti gli ultimi tragici eventi hanno capito benissimo che la crisi climatica mette a repentaglio il futuro delle giovani generazioni e anche concetti come la giustizia climatica cominciano ad entrare nel loro immaginario collettivo.
Cos’è “The Climate Clock” e perché il 22 luglio è ritenuta una data storica?
The Climate Clock, l’orologio del cambiamento climatico, con il suo incessante countdown ci ricorda ogni giorno la gravità della crisi ecologica e climatica in atto. Dal suo famoso lancio a New York nel settembre 2020, installazioni digitali sono sorte in tutto il mondo anche a Roma.
Dal 22 luglio non abbiamo più 7 ma 6 anni prima che il collasso climatico sia irreversibile e per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C. Un evento così importante e tragico, purtroppo, è passato come se nulla fosse e pochi giornali lo hanno riportato. Noi Teachers For Future Italia abbiamo organizzato una diretta con @climateclock.world, abbiamo atteso in silenzio lo scoccare dei 6 anni. Poi abbiamo letto il nostro manifesto e il nostro piano educativo per il futuro.
Infine abbiamo condiviso sui nostri social una foto con un cartello con gli hashtag #MyClimateResolution #fatepresto.