
Ecogiustizia. Non e’ solo una battaglia ambientale ma di rispetto alla vita
Intervista a Maria Teresa Imparato di Legambiente
Ancora oggi in Italia a 6 milioni di persone viene negato il diritto alla salute, a un ambiente salubre e allo sviluppo sostenibile dei territori. L’Italia è in attesa da decenni della bonifica di ben 42 Siti di Interesse Nazionale (SIN), per una superficie di circa 170.000 ettari a terra e 78.000 ettari a mare, e ben 36.814 Siti di Interesse Regionale (SIR) per un totale di 43.398 ettari perimetrati.
Ecogiustizia subito, in nome del popolo inquinato è la campagna promossa da ACLI, Azione Cattolica Italiana, Agesci, Arci, Legambiente e Libera per chiedere giustizia ambientale e sociale nei Siti d’interesse nazionale (SIN) in attesa di bonifica. Articolata in sei tappe, la campagna chiede impegni concreti e tempi certi per le bonifiche, l’applicazione del principio “chi inquina paga”, il diritto alla salute e piani di riqualificazione e riconversione dei siti produttivi, coinvolgendo le comunità locali, nell’ottica della transizione ecologica. Ne parliamo con Maria Teresa Imparato di Legambiente.

Quali sono le vostre richieste per impegni concreti nei confronti di questi luoghi?
Stiamo attraversando in lungo e in largo l’Italia delle “mancate bonifiche”. Dal nord al sud del paese ci sono innumerevoli luoghi in cui si attende la bonifica da moltissimi anni. Si tratta in molti casi aree produttive dove le mancate bonifiche vanno di pari passo con un processo di de-industrializzazione che produce solo degrado ambientale e sociale. Vertenze storiche dove le bonifiche sono ancora ferme al palo. È necessario accendere i riflettori su queste comunità di persone che stanno aspettando da troppo tempo, comunità dove i cittadini vedono calpestato il loro diritto alla salute. Portiamo avanti questa battaglia come associazione ambientalista insieme ad altre associazioni che si occupano di legalità, di socialità e di animazione territoriale. Non è infatti solo una battaglia ambientale ma una battaglia di rispetto alla vita, di rispetto allo sviluppo di quei territori nell’ottica della transizione ecologica. Quindi bonifiche ma anche piani di riconversione industriale.
Come vi muovete per sollecitare questi interventi? Quali forze mettete in campo? Quali forme assume la vostra protesta?
Il nostro intervento consiste nel presentarsi sui siti al mattino con una mobilitazione, leggere simbolicamente una sentenza “nel nome del popolo inquinato”, chiedendo ecogiustizia. La sera, attraverso un’assemblea di comunità, proponiamo alla cittadinanza, alle associazioni e alle istituzioni di stringere un patto di comunità con i cittadini, allo scopo di avere cronoprogrammi sulla bonifica, di incontrare i commissari della bonifica sui territori – come abbiamo fatto a Taranto – ma anche di incontrare quegli imprenditori che immaginano di investire nella rigenerazione industriale con progetti di transizione. Un nuovo cammino per luoghi che devono vedere riconosciuto il diritto alla salute, quello alla vita ma anche il diritto al lavoro.
Partiamo da Casale Monferrato, un Comune il cui nome è da sempre associato all’amianto…
Casale Monferrato è la tappa da cui siamo partiti perché c’è ancora tanto da fare ma è anche l’esempio di una bonifica che è già a buon punto, che procede, di una popolazione e una comunità che continua ad essere vigile e porta avanti una vertenza storica. Da qui il nostro viaggio è proseguito anche con alcune tappe straordinarie, come quella nella Terra dei fuochi, dopo la sentenza della Corte europea dei diritti umani che ha condannato l’Italia per violazione del diritto alla vita. Incontreremo a breve il Commissario straordinario alla bonifica nominato dopo la sentenza, cui chiederemo il rispetto della sentenza ma anche che sia messa in campo una cabina di regia in cui la comunità sia al centro per sapere cosa succede nel territorio, come si stanno muovendo per garantire il rispetto dei tempi.
Quale è invece la situazione a Taranto, dichiarata già il 30 novembre 1990 ad “elevato rischio di crisi ambientale”?
Sono tutte sentenze storiche e croniche. Abbiamo fatto a Taranto una bell’assemblea, molto partecipata, dove molte associazioni e tanti cittadini hanno partecipato al dibattito e hanno stretto il Patto di comunità per continuare a chiedere, insieme, con forza e senza perdere le speranza, ecogiustizia.
La storia dell’area industriale di Marghera, un altro importante obiettivo, comincia nel 1917, anno in cui vengono sversati a mare circa 80 mln di ton di rifiuti per permettere l’insediamento delle prime industrie. Cosa è stato fatto fino ad oggi?
Le bonifiche nel sito di interesse nazionale di Venezia – Porto Marghera – sono ferme al palo, ostaggio di burocrazia e finanziamenti che rischiano di continuo stop e tagli. Attualmente sono stati bonificati solo il 21% della superficie a terra e lo 0,1% della falda. Una negligenza che va avanti da decenni, di cui fanno le spese i cittadini e lo sviluppo del territorio, ancora relegato ad attività industriali inquinanti. Durante la tappa a Marghera, alla presenza dell’assessore regionale allo Sviluppo economico, Energia, Legge speciale per Venezia, Roberto Marcato, le associazioni hanno organizzato un flash mob con la lettura di una sentenza simbolica di condanna rivolta a chi ha inquinato e tratto profitto dalle attività industriali dell’area, segnando il destino del territorio circostante e di chi lo abita da oltre un secolo. Abbiamo chiesto espressamente all’assessore di fare pressione sul Governo nazionale per ottenere maggiori risorse per le bonifiche dell’area e lo abbiamo invitato a partecipare a una cabina di regia di comunità, per il monitoraggio delle operazioni Marghera è un’area industriale in movimento dove ci sono produzioni importanti. Occorre regolare le produzioni che rispettano i diritti dei lavoratori e del territorio.
Quali sono i prossimi siti che mettono a repentaglio la salute delle persone che andrete a denunciare?
Dopo la tappa del 3 aprile in Campania, questa volta relativa alla situazione della bonifica dell’area di Napoli Est, andremo a Roma dove presenteremo il 7 maggio il nostro dossier sullo stato dell’arte delle bonifiche nei siti di interesse nazionale e regionale. Ripartiremo poi a novembre con la seconda edizione della nostra campagna individuando nuovi siti.