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Con il declassamento del lupo, a rischio lo status di diverse specie a livello continentale.

Intervista a Marco Antonelli, Wildlife Conservation Specialist di WWF Italia

Da «specie strettamente protetta» a «specie protetta». Il Comitato permanente della Convenzione di Berna per la conservazione della flora e della fauna selvatiche e dei loro habitat naturali, organo del Consiglio d’Europa, ha votato a favore della richiesta dell’Unione europea di abbassare il livello di protezione per i lupi. Il cambiamento entrerà in vigore tra tre mesi, a meno che almeno un terzo degli Stati firmatari della Convenzione non si opponga: in questo caso la decisione entrerà in vigore solo per i Paesi che non hanno sollevato obiezioni. Per richiedere il declassamento Bruxelles ha inviato un documento in cui evidenzia che «la popolazione dei lupi ha raggiunto livelli significativi in Europa», con stime che indicano che il loro numero è raddoppiato negli ultimi dieci anni, mentre i rapporti più recenti evidenziano che continuano ad aumentare. Questo secondo la Ue dimostrerebbe che nonostante vi siano ancora delle minacce, la specie si sa adattare ed è dotata di resilienza.   Secondo il WWF, una decisione che va contro il parere degli esperti e della scienza, ci riporta indietro di mezzo secolo e apre una strada pericolosa per il futuro della conservazione della natura in Europa. Ne abbiamo parlato con lo zoologo e naturalista Marco Antonelli, ancora una volta nostro ospite in qualità di Wildlife Conservation Specialist di WWF Italia.

Perché, come hanno dichiarato congiuntamente molte associazioni, la decisione del Comitato rappresenta “un pericoloso passo indietro» per la biodiversità e stabilisce un preoccupante precedente per la conservazione della fauna selvatica in Europa?

La ripresa del lupo in Europa rappresenta uno dei più grandi successi di conservazione degli ultimi decenni. Declassare il suo stato di protezione significa non tenere debitamente in conto ciò che ci dicono i dati scientifici. Oggi nonostante la recente espansione naturale della specie, 6 popolazioni su 9 in Europa non hanno ancora raggiunto uno stato favorevole di conservazione. Aprire a quote di prelievo annuale potrebbe rallentare il processo di recupero della specie. Questo poi senza apportare reali benefici al settore zootecnico. La conservazione della fauna dovrebbe essere una priorità per l’UE, e il declassamento di una specie iconica come il lupo, contrastata anche dai più importanti organi scientifici internazionali, rischia di dare il via ad un processo domino che porterebbe a rivedere lo status di diverse specie a livello continentale. Un precedente preoccupante per la protezione della natura in Europa.

Dei rappresentanti dei 27 stati membri dell’Unione Europea, solo due Spagna e Irlanda hanno votato contro, mentre altri quattro (Malta, Cipro, Slovenia, Belgio) hanno scelto di astenersi. Come intrepreti questa decisione? Perché una sensibilità e un approccio diverso al problema?

Appare chiaro come il voto sul declassamento del lupo sia stato esclusivamente politico. La maggioranza dei Paesi ha votato a favore, e questa posizione è stata sin da subito chiara soprattutto per quei governi che hanno la propria base elettorale molto legata alle lobby agricole e venatorie e che da queste hanno avuto forti pressioni in questi mesi per approvare il declassamento. Accontentare le forti associazioni di categoria porta dei vantaggi alle forze politiche in tempi di elezioni, e sappiamo tutti in questo momento storico in che direzione soffia il vento nella maggioranza dei paesi europei… Dunque aprire a soluzioni semplici e populiste che non andranno in realtà a mitigare il conflitto, ma che portano i voti necessari a mantenere le poltrone è la base della scelta di molti governi.

In Italia il numero dei lupi è davvero aumentato in modo così esponenziale? Si sono realmente moltiplicate le razzie agli allevamenti ed anche le aggressioni all’uomo? (per altro è noto che il lupo ha paura dell’essere umano…)

Il lupo è in espansione numerica e spaziale da diversi decenni in Europa ed in Italia. Questo è fuori di dubbio. Il recente monitoraggio nazionale in Italia (2020-2021) ha portato a stimare la presenza di circa 3.500 lupi in tutto il Paese. Oggi probabilmente quei numeri sono aumentati. Ma la crescita non è esponenziale e il numero di lupi è sempre in equilibrio con le risorse che il territorio offre in termini soprattutto di prede e risorse. In Italia abbiamo 2 milioni di cinghiali e diverse centinaia di migliaia di altri ungulati (caprioli e cervi in primis), oltra a milioni di nutrie, che sono divenute una preda abituale per il lupo in alcuni contesti e tante altre risorse che il lupo è in grado di sfruttare. Ovviamente dove le modalità di allevamento non si adeguano alla presenza del lupo sorgono inevitabili conflitti e aumentano le predazioni sul bestiame. Ma a livello di comparto zootecnico nazionale non si può affermare che il lupo abbia un impatto elevato che mette in crisi il sistema. Dati raccolti negli anni scorsi a livello nazionale (tra il 2015 e il 2019) mostrano come meno dello 0,7% delle aziende zootecniche che allevano ovini hanno subito danni da lupi, e di queste solo una minima parte ha avuto impatti elevati. Dunque il lupo, pur rappresentando un reale problema in particolare in alcune aree e per gli allevatori che non adottano strategie di prevenzione adeguate, non è il principale problema del settore zootecnico, affetto da ben più gravi minacce.

Per quanto riguarda le aggressioni all’uomo, è bene ricordare che il lupo, anche se tornato in ambienti periurbani e antropizzati, resta una specie elusiva e che tende a evitare anche gli incontri con le persone. Gli sporadici casi di interazioni aggressive che abbiamo registrato negli ultimi anni sono situazioni molto particolari, e il più delle volte hanno visto protagonisti animali alimentati in passato dall’uomo e che quindi avevano perso la naturale diffidenza. Si tratta di comportamenti anomali rilevati negli ultimi anni in 2-3 animali, poi giustamente rimossi, su una popolazione di quasi 4.000 lupi… Ecco questi numeri dovrebbero farci comprendere che il lupo non rappresenta un reale pericolo per la nostra incolumità, anche se ovviamente è necessario conoscerlo e adottare giusti comportamenti nelle aree di sua presenza, proprio per evitare l’insorgenza di comportamenti non naturali.

Una delle accuse più insistenti da parte di chi ha approvato la richiesta dell’UE, è stata che il lupo minaccia in particolare il bestiame al pascolo e che il pascolo del bestiame è una forma di agricoltura quasi naturale, che va tutelata. Cosa ne pensi?

Il pascolo deve avvenire in modalità idonee che prendano atto della presenza di predatori naturali. Molti allevatori, anche in aree a elevate densità di lupi, riescono a coesistere con questa specie adottando corrette strategie di prevenzione, tra cui cito i cani da guardia, recinzioni elettrificate, ricoveri notturni per il bestiame. E’ giusto sottolineare che non esiste una soluzione unica e infallibile per tutti, occorre prestare attenzione ai singoli contesti e adattare le strategie a questi. Zootecnia e grandi carnivori possono coesistere, ma occorre impegno da parte di tutti e occorre comprendere che un ambiente sano necessita della presenza di grandi carnivori.

Fra le controproposte delle associazioni in disaccordo con questa decisione, c’è di promuovere la coesistenza, rafforzando le misure preventive come l’uso di recinzioni e cani da pastore, rendendole più accessibili agli agricoltori.  Cose già chieste da tempo, forse nel timore che si andasse proprio verso questa decisione. Eppure, è fatto molto poco in questo senso…

Anche le Istituzioni devono favorire il processo di coesistenza tra lupo e allevatori. Misure dedicate e supporto diretto devono arrivare da queste, che devono anche semplificare le procedure burocratiche per ottenere i risarcimenti previsti dalle legislazioni regionali in caso di predazioni sul bestiame. Supporto diretto e diffusione di consapevolezza e del corretto utilizzo delle strategie di prevenzione devono essere la strada maestra per favorire la mitigazione del conflitto. Aprire la strada agli abbattimenti avrebbe anche la conseguenza indesiderata e pericolosa di un minore impegno della politica nella direzione della prevenzione e della coesistenza.

Secondo il Club Alpino Italiano, molto sensibile a tutte le tematiche che riguardano la tutela della fauna alpina, quello che manca è un coerente piano d’azione nazionale per la conservazione del lupo, che si adegui allo status della popolazione attuale. Documento tra l’altro necessario e richiesto dalla stessa UE che consentirebbe di mettere a sistema le azioni di intervento su tutti gli aspetti connessi alla presenza del lupo, (ad esempio i sistemi di prevenzione, risarcimenti, deroghe o eventuali prelievi gestionali ecc.). Il WWF cosa ne pensi?

Come WWF chiediamo al Ministero di approvare un piano di gestione e conservazione del lupo da anni. La discussione si è aperta nel 2015 e ancora oggi non si è arrivati ad un piano condiviso. L’ultimo piano approvato risale al 2002, quando la situazione del lupo era totalmente differente. Tra l’altro le azioni previste allora sono state quasi tutte disattese. Per consentire una gestione basata su assunti scientifici è necessaria al più presto la stesura di un piano equilibrato e che tenga conto dei reali problemi e delle soluzioni concrete e realmente efficaci che possano migliorare anche la coesistenza tra lupo e comunità locali. Un piano davvero efficace deve prevedere azioni dettagliate, tempistiche e rendere chiaro dove reperire fondi per la prevenzione dei danni, il monitoraggio della specie, le attività di informazione e formazione degli allevatori e delle comunità locali e la gestione dei casi problematici. E’ inaccettabile che in Italia, dove abbiamo la popolazione di lupo più importante d’Europa, non ci sia ancora un piano lupo condiviso e approvato.

Secondo te c’è ancora margine di azione per modificare questa decisione? Quali sono i pericoli che una legge di questo genere comporta nella tutela della biodiversità?

Il declassamento dello stato di protezione del lupo è una sconfitta non solo per la conservazione della biodiversità, ma vedrà tra le sue “vittime” anche gli allevatori stessi. Si sta “vendendo” il declassamento e la possibile apertura di una nuova fase di gestione tramite abbattimenti come soluzione al conflitto, quando invece i dati scientifici ci dicono il contrario. Nessuna quota di abbattimento porta a mitigare il conflitto sul lungo termine. Probabilmente l’iter politico andrà avanti ed entro alcuni mesi gli Stati membri potranno iniziare a modificare le proprie legislazioni nazionali in merito alla gestione del lupo. Il lupo non è più una specie a rischio estinzione, ma diverse popolazioni europee non hanno raggiunto ancora uno stato di conservazione soddisfacente. Declassare il suo stato di protezione significa da un lato non tenere conto di questo aspetto e rischiare di compromettere il recupero di alcune popolazioni (ad esempio quelle dell’Europa centrale) e dall’altro contraddire le evidenze scientifiche che ad oggi ci dicono che per prevenire le predazioni sul bestiame domestico bisogna investire nelle strategie di prevenzione realmente efficaci piuttosto che sugli abbattimenti.

Che cosa potrebbe succedere con il declassamento, ai nuovi branchi che si sono venuti a formare? Esiste il reale pericolo che ci ritroviamo di nuovo ad una decimazione della popolazione dei lupi?

Oggi è troppo presto per prevedere scenari futuri. Il declassamento potrà essere declinato in maniera diversa di singoli Stati membri. Sicuramente sarà più semplice prevedere piani di abbattimento annuali senza passare dal regime di deroga previsto fino ad oggi. Ma l’impatto che questi potranno avere sulle dinamiche delle popolazioni di lupo in Europa e in Italia dipenderà da diversi fattori tra cui anche l’eventuale entità dei prelievi. Su questo punto sottolineo che qualsiasi forma di gestione dovrà in ogni caso assicurare il mantenimento o garantire il raggiungimento di uno stato di conservazione favorevole delle popolazioni di lupo. Oggi di sicuro c’è solo che gli abbattimenti avranno pochi effetti positivi sui danni al bestiame, come dimostrano diversi studi in contesti differenti.

Quali sono le azioni che il WWF intende intraprendere?

Come WWF seguiremo da vicino i prossimi sviluppi. Chiediamo al Governo italiano e alle istituzioni dell’UE di riportare la scienza al centro delle decisioni che riguardano la tutela della natura. Cercheremo con una corretta informazione di suscitare una forte reazione da parte dell’opinione pubblica. Le istituzioni devono infatti comprendere che la maggioranza dei cittadini europei vogliono proteggere la biodiversità del nostro continente e che il declassamento dello stato di protezione del lupo è sbagliato perché va a minare un successo di conservazione senza apportare reali benefici alla coesistenza con l’uomo. Il WWF si batterà come ha sempre fatto perché si lavori realmente per costruire una reale e duratura coesistenza tra le nostre attività e i grandi carnivori.