Ecologia Affettiva. Il legame affettivo tra esseri umani e la Natura
Intervista di Anna Magli al Dr. Giuseppe Barbiero, docente di Biologia e di Ecopsicologia all’Università della Valle d’Aosta.
Il Laboratorio di Ecologia Affettiva – fondato da Giuseppe Barbiero presso l’Università della Valle d’Aosta – combina approcci di ecologia, psicologia evoluzionistica e ambientale per studiare la biofilia, il legame affettivo tra gli esseri umani e la Natura. L’obiettivo è verificare se la biofilia si basi su due costrutti, come ipotizzato da E.O. Wilson: il fascino che la Natura esercita su di noi e il sentimento di affiliazione che noi proviamo nei confronti della Natura. Le ricerche sperimentali del Laboratorio di Ecologia Affettiva hanno contribuito a dimostrare che il fascino della Natura favorisce la rigenerazione dell’attenzione diretta e sostenuta dopo un affaticamento mentale. Attualmente il Laboratorio è impegnato nello studio delle caratteristiche dei loci naturae, i luoghi della Natura capaci di indurre affiliazione e che favoriscono il recupero dallo stress. Un altro obiettivo del Laboratorio è sviluppare quadri concettuali per la progettazione biofila (biophilic design), con l’obiettivo di rendere gli spazi artificiali più coerenti con la innata biofilia umana. Ne parliamo con il dr. Barbiero, docente di Biologia e di Ecopsicologia all’Università della Valle d’Aosta e autore del libro Ecologia affettiva. Come trarre benessere fisico e mentale dal contatto con la natura edito da Mondadori (2017).
Che cosa è il Laboratorio di Ecologia Affettiva?
Il laboratorio è un luogo dove gli studiosi possono fare ricerca sperimentale. Il nostro Laboratorio di Ecologia Affettiva studia i legami affettivi che instauriamo con la Natura. Rispetto ad altri atenei, noi dell’Università della Valle d’Aosta siamo avvantaggiati dall’essere immersi nella meravigliosa Natura della Valle d’Aosta. Non a caso uno slogan del nostro ateneo recita: “l’università con in più la Valle d’Aosta”. Questo facilita il nostro rapporto quotidiano con la Natura ed è uno dei motivi per cui il nostro laboratorio si è sviluppato in un piccolo ateneo, inserito però in un luogo previlegiato.
Cosa s’intende per biofilia?
La biofilia è l’amore per la vita, ed è la terza fase dell’amore nella storia evoluzionistica del pianeta. L’origine della biofilia è nella relazione empatica che stabiliamo con i nostri figli. Come tutti i mammiferi, anche gli esseri umani hanno cura della prole. Gli antichi greci chiamavano storgé questa forma di amore per i propri figli. Ma, a differenza degli altri mammiferi, le nostre cure parentali sono molto sovrabbondanti e si estendono anche ad altre creature, umane e non umane. La nostra storgé si è accresciuta ed è diventata biofilia, amore non solo per i propri figli, ma anche per le varie espressioni di vita, in particolare per i cuccioli, che suscitano in noi emozioni di cura e di affetto. Con il tempo la biofilia ha dimostrato di essere un adattamento efficace anche nel riconoscere ambienti naturali ricchi di risorse e che potevano offrire un rifugio per la notte. Tecnicamente, la biofilia è quindi un ex-adattamento che deriva dalla storgé , ma che si è rivelato utile per scegliere gli ambienti migliori dove ci piace vivere (biofili) ed evitare quelli che ci fanno paura (biofobi).
Che cosa è l’intelligenza naturalistica e come va stimolata?
L’intelligenza naturalistica è l’ottava forma d’intelligenza scoperta dallo psicologo americano Howard Gardner. L’intelligenza naturalistica è costituita da due costrutti fondamentali: un costrutto cognitivo, tipico degli scienziati naturalisti che sanno riconoscere e classificare gli organismi viventi e gli oggetti naturali; e un costrutto affettivo, tipico degli ecologisti profondi (deep ecologists) che sanno entrare in relazione con gli organismi viventi e gli oggetti naturali. L’intelligenza naturalistica più alta è quella che armonizza la componente cognitiva con quella affettiva e può essere stimolata sia dallo studio sia dalla biofilia.
Se perdiamo la connessione con la Natura selvatica, perdiamo un tratto importante della nostra natura umana?
A contatto con la Natura selvatica noi abbiamo due reazioni: la reazione “combatti-o-fuggi” (fight-or-flight) che stimola prevalentemente il sistema nervoso simpatico e la reazione “riposa-e-digerisci” (rest-and-digest) che stimola prevalentemente il sistema nervoso parasimpatico. Se osserviamo la vita selvatica in Natura, vediamo che gli animali trascorrono quasi tutto il tempo nello stato “riposa-e-digerisci”. Solo molto sporadicamente gli animali sperimentano lo stato “combatti-o-fuggi”. Lo stato “combatti-o-fuggi” è talmente è raro che i cuccioli di mammifero spesso giocano al “combatti-o-fuggi” proprio per tenersi in allenamento. Anche noi umani amiamo la Natura per le sensazioni “riposa-e-digerisci” che ci offre. Purtroppo, la vita urbana ha ridotto le opportunità di provare le sensazioni “riposa-e-digerisci” che la Natura ci offre spontaneamente. E non riusciamo a riemergere del tutto da uno stato di stress cronico.
Molte persone, però, hanno paura della Natura selvatica. Perché?
Perché sono disconnesse dalla Natura selvatica. Conoscono la Natura solo in modo virtuale, nei libri e nei documentari. È normale che ciò che non conosci ti faccia paura. La disconnessione dalla Natura è un fenomeno che non riguarda solo le persone urbanizzate, ma anche le persone che vivono in ambienti rurali. La connessione con la Natura dipende dalla frequenza di contatto. Solo un contatto continuativo ci permette di riconnetterci con la Natura.
Per connetterci alla Natura, oltre a frequentarla con più assiduità, potrebbe aiutarci far emergere qualche ricordo ancestrale che custodiamo dentro di noi? Come si può fare?
Noi abbiamo un Io selvatico. La nostra vera natura è selvatica, perché noi siamo i discendenti di una specie che è prosperata nella Natura selvatica. Il tema dell’Io selvatico è stato affrontato molto bene da Clarissa Pinkola Estés nel best seller Donne che corrono coi lupi. Nel libro, la psicanalista evidenzia come l’aver perso il contatto con la propria anima selvatica impoverisca la vita psichica, e non solo, di molte donne. Selvatico è ciò che non è addomesticato. Nel profondo di noi stessi, noi amiamo e temiamo il selvatico, mentre non abbiamo molta stima di chi è addomesticato. Un buon esempio è il nostro rapporto con il lupo e il cane. Il lupo e il cane appartengono alla stessa specie, Canis lupus. Il lupo è la versione selvatica originale della specie. Il cane è la versione addomesticata della specie. Noi temiamo e ammiriamo la selvaticità del lupo, mentre disprezziamo la docilità del cane. Ciò appare evidente nelle metafore che coinvolgono il lupo e il cane. Quando usiamo il lupo come metafora esprimiamo timore e ammirazione: una fame da lupo, forte come un lupo, feroce come un lupo. Quando usiamo il cane come metafora esprimiamo la nostra desolazione e disprezzo: solo come un cane, lavorare da cane, bastonato come un cane. La nostra predilezione per il selvatico traspare nelle metafore, ma è un’espressione di un tratto molto profondo della nostra personalità. L’animale selvatico è uno specchio della nostra anima, che esprime senso di libertà, fiducia in se stessi, gioia di vivere. La biofilia è radicata nel nostro Io selvatico. Purtroppo però oggi la Natura selvatica è sofferente, sull’orlo dell’estinzione. Abbiamo addomesticato il selvatico e riempito la Terra di animali domestici ma questo non ci soddisfa davvero. Perché la vera connessione è con la Natura selvatica, nella quale abbiamo trascorso oltre il 95% della nostra storia evoluzionistica.
Cosa significa che abbiamo trascorso il 95% della nostra storia con la Natura selvatica?
La specie Homo sapiens è apparsa 320 mila anni fa. Le prime forme di addomesticamento di piante (agricoltura) e di animali (allevamento) sono comparse soltanto 15 mila anni fa. Per oltre 300 mila anni abbiamo conosciuto solo la Natura selvatica, gli animali domestici non esistevano. Tutti i nostri sensi e tutti i nostri principali adattamenti si sono evoluti a contatto con la Natura selvatica e con il suo straordinario potere di rigenerazione del “rest-and-digest” di cui parlavo prima. Sulla base di questa potente relazione psichica con la Natura le culture umane hanno sviluppato un’idea di Madre Terra, che in psicologia analitica è considerata un archetipo.
Matre Terra è usata anche da Francesco d’Assisi nel suo Cantico delle Creature, mentre gli scienziati la chiamano “Gaia”.
Francesco d’Assisi aveva una connessione con la Natura molto potente. La sua biofilia trascendeva il confine convenzionale che di norma stabiliamo tra vivente e non-vivente. Il Cantico delle Creature è formidabile perché celebra il non-vivente: il sole, la luna, le stelle e poi il vento, l’aria, l’acqua e il fuoco, tutte creature non-viventi. Non a caso il Cantico delle Creature è chiamato anche Cantico di Frate Sole. Per Francesco non c’è più distinzione tra vivente e non-vivente: tutte le creature sono fratelli e sorelle. Francesco esprime un amore per la vita talmente ampio, che non ha più bisogno di questi confini. E può quindi celebrare “nostra sorella Matre Terra”. Sembra una contraddizione, ma in realtà è la prospettiva di Francesco che rende logica la definizione “sorella Madre” riferita alla Terra. Madre, perché “ci sostiene e ci governa”, “produce diversi frutti”, e ci dona il piacere estetico dei “fiori variopinti” e dell’erba verde. Sorella, perché Francesco alza lo sguardo al cielo infinito, l’Altissimo. Rispetto allo spazio infinito la Terra è infinitamente piccola ed è nostra sorella in questa dimensione di finitudine. Il Cantico delle Creature descrive con toni poetici il dinamismo del pianeta vivente. Oggi gli scienziati chiamano “Gaia” le complesse dinamiche della sottile pellicola di vita che riveste completamente il pianeta Terra. Gaia è un organismo vivente sui generis, in quanto è un sistema termodinamicamente chiuso, attraversato da flussi di energia e obbligata a riciclare completamente la materia. In 3.800 milioni di anni Gaia ha dimostrato di essere capace di autoregolazione e di reagire a tutti i fattori che nel tempo hanno turbato i suoi equilibri naturali. La biosfera non è passiva, ma rimodella continuamente l’ambiente.
È la prima volta che Gaia si trova ad affrontare, nella sua storia, un’emergenza ambientale di così grande portata?
Tutt’altro! Gaia è abituata alle emergenze ambientali. Solo nel Fanerozoico, l’eone attuale, ha affrontato ben cinque catastrofi e le ha superate tutte brillantemente. Tanto che gli scienziati preferiscono chiamare queste catastrofi “transizioni biotiche”, a indicare proprio che il loro superamento non è casuale. La forza di Gaia è quella di rigenerarsi e rinascere dalle catastrofi. Questo non significa che non ci siano state estinzioni : transizione biotica significa proprio che molte specie si estinguono perché non sono capaci in grado di di adattarsi alle nuove condizioni ambientalial nuovo sistema. Noi Quello che possono fare gli esseri umani, non possiamo è “far del male” a Gaia, ma possono innescare indurre ad una la sesta transizione biotica, dalla quale Gaia si riprenderà. sicuramente, mentre non siamo altrettanto sicuri che ci riescano gli esseri umani e i mammiferi in generale.
Negli anni 90, Peter Kahn, uno dei pionieri dell’ecopsicologia, osservava che le persone considerano “naturale” solo la Natura che hanno conosciuto da bambini. Quindi ognuno di noi ha il suo concetto di Natura?
Tendiamo a considerare “naturale” ciò che da bambini abbiamo conosciuto o ci è stato presentato come “naturale”. Nello stesso tempo però conserviamo una memoria del nostro Io selvatico. Se mi trovo in un ambiente naturale, il mio Io selvatico lo riconosce e allora non c’è conflitto. Se mi trovo in un ambiente urbanizzato, il mio Io selvatico non lo riconosce come naturale e si crea un conflitto interiore. Posso pensare che un ambiente urbanizzato sia naturale, ma solo a livello cognitivo. Nel profondo avverto la disconnessione. Questo è uno dei punti chiave di come avviene la disconnessione dalla Natura. Chi è più incline alla Natura e alla sua salvaguardia, probabilmente possiede un Io selvatico più consapevole.
Il benessere del nostro pianeta condiziona necessariamente anche il nostro benessere. Come?
Francesco d’Assisi ne era consapevole quando cantava le lodi di “sorella Madre Terra che ci sostiene e ci governa”. E ne è consapevole anche la moderna Geofisiologia, la disciplina che studia il funzionamento di Gaia. Per capirci, facciamo un esempio che ci ossessiona: le emissioni di anidride carbonica (CO2). La CO2 nell’atmosfera non è né velenosa né inquinante. La CO2 è semplicemente un gas serra, cioè un gas che lascia passare la luce solare, ma trattiene il calore. Perciò aumentare la CO2 nell’atmosfera significa scaldare la superficie del pianeta. Diminuire la CO2 nell’atmosfera significa raffreddare il pianeta. Gaia ha conosciuto periodi molto caldi e molto freddi, ma ha sempre reagito. In questo momento noi stiamo aumentando le emissioni di CO2 in atmosfera. E Gaia sta rispondendo: più della metà delle nostre emissioni, ogni anno, vengono riassorbite dai fotosintetizzatori. Se noi azzerassimo le nostre emissioni, in un paio di decenni Gaia riassorbirebbe rapidamente tutto l’eccesso di CO2 in atmosfera. Dobbiamo conoscere meglio i cicli biogeochimici che regolano la vita di Gaia e imparare a inserirci in questi cicli nel modo giusto, senza disturbare il processo in atto.
C’è sempre quindi la possibilità di tornare indietro, di darci un’altra possibilità…
La vita di Gaia è come una lunga e meravigliosa danza che si esibisce ininterrotta da quasi quattro miliardi di anni. Esattamente come una coppia di ballerini che non sono mai in equilibrio mentre danzano, così Gaia non è mai in equilibrio, ma ad ogni passo ritrova sempre il suo equilibrio. Dobbiamo imparare a danzare con Gaia, a rispettare gli equilibri dei suoi cicli biogeochimici. Dobbiamo imparare a usare le energie rinnovabili (vento, acqua e sole) come le usa Gaia: diffuse ovunque e a bassa potenza. Dobbiamo imparare a rendere reversibili i nostri errori e a tornare indietro quando è necessario, esattamente come fa Gaia con i suoi sistemi omeostatici. Siamo una specie giovane e abbiamo ancora molto da imparare dalla Madre Terra.