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Gino Girolomoni. Una biblioteca verde per ricordare i suoi insegnamenti.

Intervista a Maria Girolomoni, presidente della fondazione dedicata al padre

Tra Urbino e Fossombrone c’è  Isola del Piano , un piccolo borgo situato nelle colline marchigiane, sulle terre un tempo governate dal Duca di Urbino, Federico da Montefeltro, umanista illuminato. E’ in questo contesto che nel 1971 crea la sua azienda Gino Girolomoni, imprenditore , saggista e precursore dell’agricoltura biologica in Italia.  Il testimone è passato, anzitempo, da Gino ai suoi figli Samuele, Giovanni e Maria, tre giovani che hanno saputo andare oltre al sogno del padre, perfezionando quel progetto nato dal visionario fondatore. Grazie alla presenza della cooperativa Girolomoni e del Monastero di Montebello, Isola è diventato un centro di riferimento per l’agricoltura biologica e la cultura rurale e ora anche sede di una prestigiosa biblioteca che non ha uguali in tutto il Paese. Il Monastero è sorto nel 1380 per volontà del beato Pietro Gambacorta per ospitare il nascente Ordine dei Padri Eremiti di San Girolamo.  Grazie a Gino Girolomoni, l’antico complesso è stato strappato dall’inesorabile abbandono e dall’avanzato degrado dopo il trasferimento dei Monaci alla fine del ‘700 e delle famiglie di contadini susseguitesi sino agli anni ’40. Oggi il Monastero ospita, oltre all’abitazione dei proprietari, un agriturismo ed il Museo dell’Antica Civiltà Contadina. A dare pregio alla struttura vi è la Chiesa della SS. Trinità, anch’essa recuperata in anni recenti. La biblioteca trova posto nell’antica sacrestia della chiesa e in due sale in cui i libri erano collocati già in origine. I testi posseduti sono da conteggiare , con la presenza di vari periodici, foto e materiali grafici (carte geografiche, manifesti), nonché un consistente archivio di documenti. Sono libri che Gino Girolomoni ha letto e selezionato nel corso degli anni e che costituiscono il DNA dell’esperienza culturale e d’imprenditori del biologico.  Ne parliamo con Maria Girolomoni, presidente della fondazione dedicata al padre.

Chi era Gino Girolomoni e perché a più di 10 anni dalla morte la sua eredità culturale continua ad essere determinante nel settore dell’agricoltura biologica?

Mio padre era un agricoltore, un contadino, è stato l’araldo del Bio, un’attivista, uno scrittore e socio fondatore della cooperativa agricola che oggi porta il suo nome. Ha descritto, annunciato, divulgato le minacce dell’agricoltura industriale e convenzionale ante litteram, ma soprattutto di quello che Ivan Illich definiva pensiero industriale, che parcellizza tutto e non è più in grado di vedere l’insieme. Molte delle sfide di cui parlava si dispiegano con maggiormente oggi: erosione dei suoli, inquinamento delle acque superficiali e di falda, progettazione e  gestione di sistemi agricoli e alimentari sostenibili, approccio olistico e integrato che applica simultaneamente principi e concetti ecologici e sociali, regolamentazione, l’innovazione e il sostegno economico ai produttori biologici affinché continuino ad esistere insieme alle comunità locali, tutela della sovranità alimentare, che le NGT ( nuove tecniche genomiche n.d.r.) e i brevetti potrebbero compromettere specialmente nell’agricoltura biologica, della necessità di alleanze tra città e campagna. La centralità del fatto che l’agricoltura non riguarda solo l’agricoltura, ma deve riguardare la politica agricola, sociale, architettonica e la cultura. Il biologico è uno stile di vita, che serve a dare nuove prospettive, a rianimare economie locali, evitare la fuga dei giovani dalle campagne e dall’entroterra. È vero che mangiare è un atto agricolo, prima di tutto, ma non solo, riguarda la nostra identità e il futuro della campagna italiana. Quindi, occorre non produrre rifiuti, non seguire regole dell’economia speculativa e, nei rapporti commerciali, nel fondare la comunicazione e il marketing nella relazione, occorrono riflessione e promozione attraverso la trasparenza e non la manipolazione.

Quando si è trasferito a Isola del Piano e com’è avvenuta la trasformazione del Monastero dei Padre Eremiti?

Il Monastero era un rudere quando lui e mia madre Tullia Romani ne hanno fatto la propria casa per cominciare. Ma era anche il quartier generale della cooperativa nascente qualche anno più tardi. Luogo di incontro, riflessioni, preghiere, nuove visioni. Con giovani del posto e altri da tutt’Italia, che venivo a confrontarsi con l’idea di valorizzare la civiltà contadina, di coltivare in modo così detto biologico (la prima normativa europea arriva nel 1999), di creare modelli disviluppo diversi.  Un monastero che riprendeva vita in modo diverso, in cui comunque si respirava una forte fede, una ricerca umana e spirituale profonda e un sentirsi tutt’uno con la natura, non in modo naif, ma da contadini.

Attualmente l’area del Monastero che tipo di strutture ospita?

Ospita un museo sull’antica civiltà contadina, la Chiesa dedicata al SS Trinità, sale polivalenti dedicate ad incontri, giornate studio, convegni. È sede dell’agriturismo Girolomoni, con 5/6 stanze dedicate all’ospitalità ed è abitazione privata della Famiglia Girolomoni oltre che Geneviève de Crombrugghe di Bruxelles, che si è occupata del restauro di un angolo del Monastero, attualmente casa sua, aiutando così Tullia e Gino al recupero dell’imponente struttura architettonica.

Parliamo della biblioteca che aprirà al pubblico il prossimo anno.  Quali  sono i tesori contenuti?

Sono circa 7 mila volumi, 9 scritti da Gino stesso, altri appartenenti alla collana Terra Terra di Jaca Book, che ebbe vita tra gli anni ’80 e ’90 partendo dall’esperienza innovativa nell’agricoltura biologica della nostra cooperativa e dall’impegno culturale di Gino Girolomoni. Abbiamo volumi che spaziano su ogni campo: filosofia, spiritualità, letteratura, pensatori del 900’ che hanno dato un contributo importante nel ripensamento della società in senso ecologico a 360 gradi.
I temi trattati? Agricoltura, alimentazione, qualche volume di medicina olistica, storia dell’industria, patrimonio e risorse ambientali, architettura e organizzazione del territorio, tecnologia; ma troveranno spazio anche temi riguardanti la guerra e la pace, la politica e il dialogo interculturale. Autori importanti del ‘900 come Ivan Illich, Alex Langer, Guido Ceronetti, Sergio Quinzio, Paolo Volponi, Fabio Tombari, Ivo Totti, Massimo Cacciari, Piero Stefani, Daniele Garota…. E tanti altri. Deteniamo fin dagli albori l’archivio di alcune riviste come Terra Nuova e Quaderni Valtellinesi.

Quali sono le attività che pensate di promuovere con la biblioteca?

Intanto la consultazione. È un progetto ancora in divenire…

Oltre alla presenza di vari periodici, foto e materiali grafici (carte geografiche, manifesti), c’è anche un archivio di documenti. Che tipo di carte sono conservate?

Lo step successivo alla catalogazione dei libri è l’archivio personale di Gino, con scambi epistolari, riflessioni, poesie, fotografie… Un giorno sarebbe bello implementare anche i documenti storici di avviamento della cooperativa, della fondazione, manifesti, e altri materiali di comunicazione.

Suo padre aveva uno spiccato interesse per la teologia e l’approfondimento biblico. Come si esprimeranno queste sue passioni nell’attività culturali portate avanti nella biblioteca?

In questo momento l’obiettivo è rendere fruibile il patrimonio culturale, che rappresenta il DNA della nostra esperienza. Il secondo sarà sistemare l’archivio. Per il resto cerchiamo già di farlo attraverso la Fondazione Girolomoni con l’organizzazione di un paio di eventi all’anno, oppure ospitarne altri di comune intento, e con la pubblicazione  della rivista Mediterraneo Dossier che esce tre volte all’anno. E attraverso le scelte quotidiane prese all’interno dell’intero ecosistema, o almeno ci si prova…