ASA Tivoli: un’ottimale gestione dei rifiuti dove il riuso è la forma massima di sostenibilità
Intervista di Anna Magli a
all’Ing. Francesco Girardi, Amministratore Unico e Responsabile Tecnico
di ASA Tivoli S.p.A.
Intervista all’Ing. Francesco Girardi, Amministratore Unico e Responsabile Tecnico di ASA Tivoli S.p.A. e consulente di diversi Comuni nell’ambito della pianificazione, progettazione dei servizi di raccolta e delle infrastrutture per la gestione sostenibile dei rifiuti.
Che cos’è ASA Tivoli e come ha trovato la situazione al suo arrivo? Com’è riuscito a educare i cittadini fino a raggiungere un ragguardevole risultato nel dato della raccolta differenziata tanto da vedersi assegnato per alcuni anni il primato nazionale sulla raccolta differenziata?
Asa è l’Azienda in House del Comune di Tivoli. Essa opera prevalentemente per questo comune pur facendo servizi anche per enti terzi sia pubblici che privati nel pieno rispetto dello Statuto Aziendale e del codice civile che pone limiti al fatturato verso enti terzi. Da alcuni anni si sta parlando anche di accorpamento tra comuni nella gestione dei servizi e dunque in futuro altri comuni potrebbero entrare a far parte di Asa, facendolo diventare un consorzio intercomunale e magari allargando il cerchio dei comuni che prediligono una gestione più attenta e virtuosa dei rifiuti.
Tivoli ha circa 60 mila abitanti, due siti Unesco (Villa Ariana e Villa D’Este) e altre ville storiche e monumenti. Un comune che ha una concentrazione di bellezze storiche, archeologiche e architettoniche davvero notevole. ASA in quanto società In house è un’azienda che fa servizi di igiene urbana di rilevanza economica-industriale. Parliamo di servizi di raccolta rifiuti, di spazzamento stradale, di lavaggio delle strade, pulizia parchi e giardini : tutti servizi che i cittadini pagano con la Tari. Al mio arrivo la Tari a Tivoli era di circa 13.7 mln di euro mentre oggi, attivando un nuovo servizio di gestione tutto improntato all’ecologia applicata e coinvolgendo i cittadini in questo nuovo percorso, la Tari è calata fino ad arrivare a 10.8 mln nel 2017 per risalire ora verso gli 11.2 mln. Quindi un calo di circa del 20%. A questi servizi Asa associa, in quanto società in house un’altra importante funzione, quella di istituzione pubblica. Non siamo un’azienda privata che finalizza il suo lavoro a massimizzare il profitto abbassando il livello della qualità dei servizi e aumentando ogni opportunità di guadagno. Noi perseguiamo veramente il bene comune. Il profitto dell’azienda In house è la salvaguardia del benessere collettivo, vale a dire creare nuovi posti di lavoro, assicurare tutela agli operai in primis perseguendo riduzione degli sprechi e incremento per qualità e quantità i ricavi dal riciclo dei rifiuti. Con questi risparmi uniti ai ricavi, si allestiscono nuovi servizi, si riducono i tributi ai cittadini e imprese, e questi sono gli unici profitti cui mira un’azienda pubblica che si rispetti. Sotto la mia gestione l’Asa di Tivoli è riuscita a pagare 18.5 mln di euro di debiti. Abbiamo saldato i debiti e nel contempo abbiamo potuto calare la Tari, indire due concorsi pubblici che hanno portato all’assunzione di 40 persone a tempo indeterminato, inserire circa 30 guardie ambientali in prevalenza esodati dal mondo del lavoro tradizionale, che oggi si sono reinventati come ispettori ambientali e controllano che i cittadini seguano le regole della raccolta differenziata, non abbandonino rifiuti e si comportino in modo virtuoso. Un braccio operativo che si aggiunge ai 110 dipendenti dell’Azienda cui si uniscono alcuni lavoratori stagionali nei momenti più impegnativi fino a raggiungere le 120 unità.
Si parla molto di enormi quantità di plastica il cui smaltimento risulta difficile, se non impossibile, tanto che non solo negli oceani ma anche nei nostri mari si sono materializzate diverse isole di plastica aggregate. Come si può educare la popolazione, ed anche l’industria, a utilizzare meno di questo materiale indistruttibile?
C’è stato un grande passato senza plastica. La plastica è stata inventata nel 1800, si chiamava celluloide ed è stata creata per un fine nobile: sostituire l’avorio delle zanne degli elefanti nella realizzazione delle palle da biliardo, passatempo molto in voga all’epoca. La plastica è stata inventata per sostituire oggetti durevoli, non oggetti usa e getta. Da questo primo encomiabile scopo la vediamo oggi rimpiazzare il vetro in tutti i contenitori che potevano essere oggetti durevoli, lavabili e riusabili. Oggetti che ora sono realizzati in plastica e inseriti in filiere commerciali lunghissime e globalizzate perché questo imballaggio leggero consente , per dire, a parità di litri di prodotto imbottigliato, di fare quattro volte il percorso a parità di carburante speso. Un materiale che ormai oggi blocca ogni ritorno alla sostenibilità ambientale. Va riconosciuto che la plastica e il suo utilizzo, hanno aiutato la crescita economica quando quest’ultima era anche sinonimo di benessere. Questo va riconosciuto. Ma adesso che ogni mezzo punto di PIL genera più danni che benessere significa che non è più la crescita a poterci assicurare il benessere. Abbiamo superato un limite per cui l’eccesso di merci in generale e l’usa e getta in plastica monouso inquinano ogni mare. La plastica si degrada in millenni e nessuno pensa mai che i primi imballaggi di plastica finiti nell’ambiente, sono ancora presenti tra di noi, e continuano a disgregandosi in microplastiche che vanno a danneggiare gli ecosistemi e tutti gli abitanti del Pianeta.
Se possiamo ricordare un passato senza plastica, saremo in grado di creare un futuro con una società che è capace di rinunciare alla plastica?
Per me sì. Ovviamente dipende anche dalla plastica, io non sono contrario a tutti i tipi di plastica ma demonizzo sicuramente quella usa e getta come il Pet: davvero ne possiamo fare a meno. Anzi, ne DOBBIAMO fare a meno perché altrimenti non riusciremo più a ragionare in modo “Umano” cioè in piena compatibilità con i nostri habitat tanto naturali quanto antropici visto che di rifiuti e di plastica monouso sono piene anche e soprattutto le nostre case e le nostre città e non solo i mari. Diciamo che siamo stati in un qualche modo “corrotti mentalmente ” dall’usa e getta. Per ritornare “umani” noi dobbiamo riabituarci a non vivere in funzione della moda, dell’usa e getta, dell’obsolescenza programmata e dobbiamo reimparare a condurre la nostra esistenza a prescindere dall’utilizzo della plastica ma anche della bioplastica monouso che a tutt’oggi nonostante sforzi industriali e chimici profusi, per la maggior parte tutto è fuorché compostabile. Dobbiamo ritornare a essere consapevoli che l’ambiente fa parte del nostro flusso vitale e non che è un serbatoio da cui estrarre risorse e riempire di rifiuti. Quindi la risposta alla domanda è che non esiste un futuro senza che si verifichi l’abbattimento del consumo di plastica usa e getta . E’ il concetto di “Usa e getta”, quello che crea pulsioni di moda, consumismo sfrenato, spreco in generale. Quando abbandoneremo questa tendenza di consumo irragionevole, ricominceremo a ragionare come essere umani. E non facciamoci prendere in giro, occorre smascherare certe ipocrisie! Se mai si trovasse una formula chimica per realizzare davvero una plastica biocompostabile, questa bioplastica per essere compostabile secondo le norme europee di compostabilità, dovrebbe disgregarsi in 90 giorni dell’80-90%. Ma lei se lo immagina un imballaggio in plastica completamente compostabile che, sullo scaffale di un supermercato, dopo neanche tre mesi comincia a disgregarsi all’aria? Attenti a non essere ancora vittime di mera speculazione e di operazioni di greenwashing finalizzata solo a rassicurare i consumatori con messaggi tipo : “Continuate a consumare come state facendo ora, buttate e comprate , non vi preoccupate, tanto i nuovi imballaggi sono tutti compostabili!”
Tivoli è stato uno dei primi comuni d’Italia che ha fatto e attuato una delibera Plasticfree, una tappa di un percorso politico naturale che era già iniziato con altre iniziative finalizzate a sensibilizzare i cittadini alla riduzione dei rifiuti. ASA, infatti, oltre a garantire oggi elevatissimi standard di pulizia in città e elevatissime percentuali di raccolta differenziata che supera anche l’81% in alcuni mesi, conduce diverse attività e campagne di sensibilizzazione mirate a ridurre a monte la produzione dei rifiuti: per esempio regaliamo pannolini lavabili alle mamme per non far acquistare quelli usa e getta, facciamo politica contro lo spreco alimentare con i ristoratori con un’iniziativa che si chiama “Porta a casa il cibo non si butta”, la famosa dogbag, facciamo “Riciclattoli” con i bambini nel corso delle feste natalizie perché scambino i loro giocattoli usati anziché comprarne dei nuovi. Chi opera come ha fatto Tivoli con la sua ASA, trova tante nuove possibilità di rigenerazione dell’economia non finalizzata alla crescita degli sprechi e consumi, ma di pulizia diffusa e risparmio del “Creato” creando, mi scusi il gioco di parole, a oggi anche nuovi 40 nuovi posti di lavoro. Esiste dunque una strada nuova per l’ economia in grado di coniugare benessere, tutela ambientale e salvaguardia dei livelli occupazionali, ASA e Tivoli ne sono e continuano ad esserne riprova tangibile.
Cos’è il progetto “Riciclare è un’arte”?
E’ una nuova iniziativa che abbiamo realizzato insieme al nostro ufficio comunicazione e ad alcuni consulenti dell’associazione Roadtogreen2020.
Si tratta di insegnare alle persone il riuso dei rifiuti, la possibilità di rigenerarli, di dare loro una nuova vita. Grazie alla didattica dedicata a questo progetto, i bambini hanno trasformato tutti gli oggetti usati in nuovi oggetti, a volte con diversa destinazione d’uso, spesso con valenze artistiche. Hanno costruito burattini, pupazzi, giocattoli. Questi ragazzi si sono esercitati manualmente con pratiche di ecoartigianato, insegnamenti che potrebbero diventare anche materia di didattica scolastica e di valutazione curriculare, come suggeriva l’ex ministro dell’ambiente Costa. Sono laboratori che valorizzano la manualità e la gestione degli oggetti dismessi ai bambini. Questo progetto è stato sostenuto economicamente dalla Regione, con fondi attribuiti tramite bando. Un modo anche per far vedere all’ente regionale cosa si muove a livello locale e magari incentivare simili iniziative su tutto il territorio. Più si allunga la filiera del riuso più si accorcia quella del rifiuto e degli oggetti destinati alla distruzione. Stesso principio anche per la filiera del riciclo che opera affinché dalla plastica nasca nuova plastica, il vetro si trasformi in vetro e così via. Una filiera che comunque vive sul rifiuto. Il riuso invece non tratta la materia come rifiuto ma la “smembra”, la riassetta e permette allo stesso oggetto di non essere un rifiuto da distruggere o riciclare ma gli dona una nuova missione da compiere.