NoisyVision. Cambiare la percezione della disabilità camminando insieme nella natura.
Intervista di Anna Magli a Dario Sorgato, fondatore di NoisyVision
NoisyVision nasce in provincia di Padova nel 2017 per diffondere la conoscenza delle disabilità sensoriali, tra cui l’ipovisione e l’ipoacusia e per promuovere il concetto che la diversità di percezione si può rivelare un valore aggiunto per la comunità tutta. L’associazione crede in un approccio proattivo del limite, sostenendo il benessere dei disabili della vista e dell’udito e coinvolgendo la comunità in iniziative volte a sostenere un cambio del paradigma culturale con cui si guarda alla disabilità. La natura e i suoi scenari, sono i luoghi deputati alle attività di azione e condivisione dell’associazione, che in 8 anni ha fatto del cammino lo strumento principale per l’empowerment delle persone con disabilità sensoriali. In questi anni sono stati percorsi 40 diversi cammini, fatte escursioni, esplorate strade e sentieri. I camminatori coinvolti nelle attività delle associazioni sono quasi mille di cui 250 ciechi o ipovendenti e alcuni ipoudenti. La missione dell’Associazione è di creare occasioni formative, ricreative e d’incontro che siano aperte a tutti e progettate per essere inclusive e accessibili ai disabili sensoriali, qualificandosi come momenti di divertimento e di crescita personale e collettiva. Intervistiamo per Viva il Verde, Dario Sorgato, fondatore di NoisyVision.
L’associazione nasce dalla sua esperienza personale con la disabilità. Quale è la diagnosi delle Sindrome di Usher ed a che tipo di disabilità conduce nel tempo?
La Sindrome di Usher, che nel mio caso è stata diagnosticata in adolescenza, nasce dalla combinazione di due malattie, sordità neurosensoriale congenita e retinite pigmentosa, che si erano già manifestate durante l’infanzia. Si tratta di una patologia degenerativa per quanto riguarda la vista, cioè che peggiora nel tempo, mentre per l’udito la situazione dovrebbe restare stazionaria. La Sindrome di Usher è una delle cause principali della sordocecità nel mondo.
Perché considera NoisyVision il suo posto nel mondo? Che cosa ha “portato a casa” dai suoi tanti viaggi ed esperienze?
NoisyVision nasce dall’idea di mettermi a nudo e di smettere di nascondermi, come facevo usando i capelli lunghi per celare gli apparecchi acustici. Smettere di nascondere la vergogna di avere una condizione di disabilità che negli anni ’80 e ’90 veniva percepita in modo diversa da adesso, direi molto peggio. NoisyVision nasce dall’idea di cambiare, prima di tutto per me stesso, la percezione della disabilità. La nostra mission dice che l’obiettivo è accrescere l’empowerment delle persone con disabilità sensoriale e trasformare la percezione del limite come un valore. NoisyVision nasce in concomitanza con il mio trasferimento a Berlino, nel 2011, alla fine di un lunghissimo viaggio che mi ha visto attraversare l’oceano Atlantico e solcare diversi mari del mondo. Spesso dico che NoisyVision è nata da quel vuoto che ho percepito in mezzo all’oceano, vuoto che mi ha permesso di fare spazio per qualcosa di nuovo. Cosa mi sono portato a casa da questi viaggi? Questo percorso di accettazione.
Molti sportivi disabili si misurano in discipline strutturate e agonistiche come quella contemplate dalle Paraolimpiadi. Però, nella sua idea non c’era esattamente quella di mettere alla prova la propria fisicità, ma di esplorare altre emozioni…
Sì, è così. Non si tratta di fare prestazioni agonistiche ma di camminare, l’atto più semplice del mondo, che tutti siamo capaci di fare. Potendo contare su una buona condizione fisica, ovviamente, si possono portare a termine i percorsi che ci siamo prefissi, che di solito si aggirano sui 15 chilometri al giorno. L’intento non è quello della performance ma esplorare, innanzitutto se stessi, poi gli altri e il territorio, cioè il mondo che ci circonda. Si tratta di un’attività in modalità lenta, come dovrebbe essere fatto ogni cammino: un ritorno alla lentezza che io stesso ho scoperto percorrendo quello di Santiago di Compostela, che ho compiuto da solo nel 2007. Un approccio che ho voluto portare nella mia vita e che valorizza le piccole cose, come gli incontri lungo la strada, le sensazioni che si percepiscono nel silenzio, percezioni piccole ma che spesso sono anche le più rare e preziose.
Quali sono le perplessità di chi approccia il cammino per la prima volta? Come riesce a convincere i più indecisi?
Il cammino condiviso con persone con disabilità sensoriali significa imparare e riscoprire un modo di guardare al mondo che assomiglia a quello di quando eravamo bambini. Ritrovare emozioni di cui c’eravamo scordati. Chi è ancora titubante può trovare ispirazione nell’idea che si possono scoprire modi molto diversi di guardare alla realtà.
Quali sono le testimonianze che l’hanno particolarmente coinvolta?
Io dico sempre che sono proprio le persone normodotate a portarsi a casa il bottino più grosso di emozioni, dopo un’esperienza di cammino per persone con disabilità. Questo perché si spezza quella convinzione che la disabilità sia qualcosa che appartiene solo ai disabili. Voglio ricordare la testimonianza di Betty, una camminatrice normodotata che dopo l’ultimo cammino in Portogallo ci ha ringraziato per come le abbiamo alleggerito l’approccio alla disabilità e permesso di cogliere “il suono del vento che incontra il bastoncini da trekking “: piccoli dettagli uditivi a cui spesso non si fa caso perché siamo catturati da ciò che è visivo come, nel nostro caso, era l’immensità dell’oceano. Proprio per quanto riguarda l’oceano, il fragore delle onde è stato più incisivo di altre sensazioni visive. Dato che il gruppo era composto anche da ipovedenti e persone completamente cieche, ci è sembrato importante concentrarci su questo stimolo sensoriale facendolo apprezzare anche ai normodotati. Il regalo più grande che si fanno le persone che camminano con noi, consiste proprio in questo gioco dei sensi, in questa riscoperta di percezioni che avevano dimenticato.
Nel caso del cammino realizzato da Viva il Verde, il Bologna Montana Art Trail, oltre ad immergersi nella natura c’è anche un aspetto artistico. Lei ritiene che i suoi compagni di viaggio potranno percepire anche la bellezza di queste grandi opere di land art?
L’arte è una delle cose che, come la natura, si presta molto ad essere toccata, ovviamente a meno che non si tratti di opere strettamente visive. L’arte ha il pregio di poter essere interpretata da chiunque: ognuno può percepirla in modo diverso e quindi è un materiale molto interessante d sperimentare sensorialmente. L’idea di poter toccare delle opere d’arte, di poterle esplorare, in un contesto che non è la solita galleria o museo, questa idea di poter essere proiettati in un’esperienza di sensazioni naturali , sarà un grande esperimento. Sono molto curioso io stesso di scoprire cosa significa catapultarsi dal cinguettio degli uccelli e dalla freschezza di un bosco ad un materiale che viene dalla natura ed è stato manipolato dall’uomo per veicolare un pensiero, un concetto , un’idea. Credo proprio che questo gioco di esperienze tattili sarà molto suggestivo!
Quali sono i cammini che avete sperimentato fino ad oggi? Quali vi hanno particolarmente entusiasmato?
La lista è veramente lunga, parliamo di una cinquantina di viaggi. Mi è rimasta nel cuore la Via degli Dei perché è quella con cui siamo nati, che ci ha accompagnato dall’inizio, quindi sicuramente la metterei in cima alla lista. Passerei poi a quelli che ci hanno messo a confronto con l’immensità come quella del deserto e dell’oceano, cammini molto potenti per chi li affronta. Un altro luogo dove ho lasciato il cuore è il cammino dell’Aspromonte, una terra accogliente e invitante per tutti i sensi….Direi soprattutto per il gusto!
Sono stati dei cammini molto difficoltosi?
Cerchiamo sempre di scegliere cammini alla portata di tutti e questo dovrebbe convincere gli indecisi. Ci avvaliamo sempre del trasporto bagagli proprio per alleggerire i camminatori e scegliamo sentieri che presentano una difficoltà media, accessibili alla maggior parte delle persone: sia come lunghezza delle tappe, sia come larghezza del sentiero e tipi di dislivello. Difficoltosi ma fattibili.
Parliamo della campagna di sensibilizzazione Colorare il mondo di giallo. Qual è la sua finalità? Quali sono i successi ottenuto fino ad ora?
E’ un progetto di NoisyVision la cui finalità è rendere più accessibile il mondo alle persone ipovedenti, sia in termini pratici, colorando di giallo gli elementi urbani perché siano più visibili, sia in termini concettuali perché il giallo è un colore che trasmette energia e positività. L’obiettivo è portare questa ondata di leggerezza dove c’è malattia e sofferenza. Vivere nelle condizioni di noi disabili sensoriali non è uno scherzo ed un cammino nella natura non risolve i problemi: è un modo comunque per cercare di provare a se stessi – prima di tutto – che la vita ha ancora tanto da offrire nonostante le difficoltà.
Portare avanti il nostro progetto all’inizio non è stato semplice, c’era molta perplessità e poca voglia di mettersi in gioco . Ora invece siamo quasi “cercati” perché portiamo bellezza e riscoperta del territorio in modo diverso, originale. Sulla Via degli Dei, per esempio, ci sono stati sindaci che fin dal primo momento si sono dimostrati molto sensibili. Quello che manca è la continuità perché dopo un abbraccio iniziale di accoglienza, che non è mai mancato, è venuta meno la continuità che è la chiave per fare qualcosa di veramente duraturo e costrittivo. Sarebbe bello che le amministrazioni, quando cambiano, si passassero il testimone di una progettualità che non si esaurisca con il loro mandato. Come purtroppo succede in tanti paesi dove, con il cambio di amministrazione, dell’assessore alla cultura e di quello delle pari opportunità, cambiano anche gli obiettivi e i progetti su cui investire. Secondo me, almeno anche sulla base di quello che mi hanno riferito, la conoscenza di “quelli gialli” nel territorio bolognese è molto radicata, quindi l’appennino tosco-emiliano è sicuramente un territorio in cui abbiamo seminato davvero bene