Nature Restoration Law. Il restauro degli habitat naturali ora è legge.
Intervista di Anna Magli a Danilo Selvaggi, direttore generale della Lipu.
La Nature Restoration Law è la legge europea per il ripristino della natura. La legge (o Regolamento) che prevede il restauro degli habitat naturali minacciati del nostro continente e, di conseguenza, delle specie li abitano.
Si tratta del più importante provvedimento della storia della conservazione della biodiversità nel nostro continente, paragonabile alle direttive Uccelli e Habitat e forse, per vari aspetti, persino superiore.
Il cammino della Restoration Law ha inizio il 9 giugno 2021 quando il Parlamento europeo approva la nuova Strategia europea sulla biodiversità al 2030. La proposta di legge viene presentata il 22 giugno 2022 e da quel giorno avvia il lungo iter che la porterà al voto conclusivo del Consiglio dell’Ue del 17 giugno 2024. L’obiettivo generale della Restoration Law è “il recupero a lungo termine e duraturo della biodiversità e della resilienza degli ecosistemi in tutte le zone terrestri e marine degli Stati membri attraverso il ripristino degli ecosistemi degradati”. Parliamo di questi obiettivi con il dottor Danilo Selvaggi, direttore generale della Lipu.
Da molte reazioni, sembra di capire che per tutte voi associazioni ambientaliste è stata un po’ una sorpresa vedere infine approvata la Nature Restauration Law…
La storia di questa legge è una sorta di sali-scendi, come sulle montagne russe, tra momenti di fiducia e grandi difficoltà. La legge ha seguito il lungo e articolato iter tipico delle leggi dell’Unione europea ed è passata da voti al cardiopalmo, decisi per piccoli numeri, riuscendo però a superare tutti gli ostacoli. Quando sembrava ormai fatta e mancava il passaggio poco più che formale dell’ultimo voto da parte dl Consiglio dell’Ue, cioè gli Stati membri, l’Ungheria ha tolto il proprio appoggio facendo perdere la maggioranza qualificata. A quel punto, da sicura che appariva, la legge è stata appesa ad un filo e abbiamo seriamente rischiato di perderla. Ci ha pensato la ministra dell’Ambiente austriaca, Leonore Gewessler, con un atto di intelligenza e coraggio, a dare il voto e permettere l’approvazione definitiva.
Cosa ha dato impulso e forza alla sua approvazione?
Anzitutto, l’appoggio inziale delle massime cariche istituzionali europee. Dal vice presidente della Commissione Franc Timmermans, vero ispiratore di tutto il Green deal al Commissario all’ambiente Virgilijus Sinkevicius alla stessa Ursula von der Leyen. A questa spinta iniziale si è aggiunta una straordinaria mobilitazione della società civile. In Italia la Lipu ha lanciato una campagna che ha informato 7 milioni di persone e messo assieme oltre 300 organizzazioni ed enti. In Europa, la campagna ha trovato l’appoggio di 6000 scienziati e oltre 100 grandi aziende di carattere internazionale. Tutti hanno sottolineato la necessità e l’urgenza di ripristinare la natura del continente, e questo ha fatto da contraltare alle manifestazioni contrarie, ad esempio dei cosiddetti “trattori” e all’appoggio che a un certo punto von der Leyn ha tolto al provvedimento, mettendolo seriamente a rischio. Un fatto grave, che poteva costare caro.
Lei ha definito la legge come il più importante provvedimento per la natura mai proposto. Perché?
E’ così, è il più importante provvedimento. Prevede 25 anni di interventi di ripristino su tutti gli habitat naturali europei, in modo da restaurarne, alla fine, il 90%. Un programma veramente sterminato, di grande ambizione, che se attuato potrebbe cambiare il volto del nostro territorio, ridandogli salute sotto molti aspetti. L’importanza della Restoration Law sta nel merito ma anche nel fatto che mai avevamo avuto un progetto di questa prospettiva temporale e di carattere proattivo. La Restoration Law è paragonabile per impportanza alle direttive Uccelli e Habitat, con la differenza che quelle sono strumenti protettivi, questa è uno strumento proattivo. Ci chiede di agire.
Molti si chiedono come mai Svezia e Finlandia, paesi a forte vocazione ecologista abbiano votato contro la legge…
La ragione sta in alcune previsioni specifiche della legge, e in particolare il riallagamento delle torbiere e il risanamento delle foreste. Sono due ambienti che all’economia nordica sono molto comodi: le torbiere prosciugate per farci agricoltura, le foreste per ricavare legna per l’industria nordica del legname.
Ci sono resistenze anche da parte di altri paesi europei…
Molte delle resistenze si sono basate sull’argomento dell’agricoltura: togliamo terra ai contadini e la diamo agli uccelli e agli insetti. Un argomento letteralmente fasullo, perché a fronte di piccolissime porzioni di terreno da destinare al ripopolamento degli insetti, il vantaggio in termini di buona agricoltura è molto grande. La cultura agricola mainstream, in questa vicenda, si è purtroppo dimostrata davvero arretrata, conservatrice, a tratti reazionaria.
Poi c’è questo atteggiamento ambivalente di IKEA: ci spiega perché si è comportata in modo diverso in patria e fuori dai confini svedesi? Come lo interpreta?
Per le ragioni che un po’ accennavo. Molte aziende europee stanno realizzando che senza natura non c’è benessere, non c’è guadagno, non c’è organizzazione, non c’è sviluppo in alcuna forma. Alcune aziende fanno greenwashing, altre hanno avviato un percorso di crescita culturale più autentico e profondo
Torniamo alla legge, che prevede il ripristino degli ecosistemi terrestri e acquatici e, tema di primaria importanza, la tempistica per realizzarlo: almeno il 30% degli habitat interessati deve essere ripristinato entro il 2030. Che cosa stiamo facendo in Italia per raggiungere quest’ obiettivo? Qualcosa si stava già muovendo?
Ci sono stati e ci sono vari progetti che in qualche modo anticipano il grande programma della Restoration, come ad esempio il progetto Life NatConect che mette assieme molte realtà, pubbliche e private, tra cui la Lipu, per ripristinare la natura del nord Italia. Poi ci sono le azioni delle associazioni che intervengono su piccole ma importanti porzioni di territorio, ripristinando una zona umida o un altro habitat in cattivo stato. Tuttavia, è con l’attuazione della Restoration che potremmo davvero fare la differenza. Per questo, l’Italia dovrà al più presto definire il piano attuativo della legge per il nostro paese. Il ministro dell’Ambiente, in tal senso, ha anticipato che i lavori tecnici sono cominciati.
Quali sono secondo lei le priorità di ripristino sul nostro territorio?
Zone umide, senz’altro. Sono aree fondamentali per la biodiversità ma anche la crisi climatica. E direi il ripristino della natura in città, che farebbe bene alla natura ma anche alle nostre vite.
L’articolo 13 della legge prevede l’impegno per gli Stati membri “di piantare almeno tre miliardi di nuovi alberi entro il 2030 a livello dell’Unione, nel pieno rispetto dei principi ecologici” e “garantendo la diversità delle specie e la diversità in termini di struttura di età”. Perché è così importante seguire queste specifiche indicazioni?
Perché gli alberi sono essenziali ma vanno piantati secondo i criteri giusti, per non danneggiare habitat naturali che non prevedono alberi. Basta pianificare e programmare e magari se gli alberi saranno un po’ di meno ma piantati bene, sarà comunque un successo.
Quali sono le specie che sono state più sacrificate, magari perché non ritenute produttive e che invece devono essere ripristinate?
Più che singole specie ritenute non produttive c’è un discorso di visione troppo utilitaristica della natura. La natura non deve dare sempre e solo un utile qui ed ora. La natura ci chiama anche a cambiare parametri di giudizio, valoriali e persino temporali.
I benefici dell’attuazione di questa legge sono potenzialmente enormi, si tratta di un provvedimento lungimirante e concreto. A chi si deve la sua stesura e chi dovrà vigilare, almeno nel nostro paese, perché le sue disposizioni non vengano disattese?
La redazione di questo provvedimento è a molte mani, tra cui certamente quelle di Frans Timmermans sotto il profilo della spinta istituzionale. Ciò detto, siamo lieti di evidenziare che un grande contributo arriva dalla nostra federazione di BirdLife International, che ha dato molti spunti diventati parte del provvedimento. Quanto alla vigilanza spetta un po’ a tutti noi. La legge va attuata come si deve. Non si può fallire.
Come si esprimerà l’impegno della Lipu e del mondo ambientalista italiano per vigilare che l’Italia faccia la sua parte?
Faremo un monitoraggio davvero pressante e offriremo anche il nostro contributo tecnico diretto affinché il piano attuativo sia fatto come si deve. E’ un’impresa così vasta che deve essere collettiva. Ha bisogno di molte intelligenze, molte competenze, molti portatori di interesse, molta buona volontà. Ma anche, e anzi forse prima di tutto, di un pensiero diverso rivolto al futuro.