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Faccio cose, vedo gente e soprattutto pulisco il mare. L’impresa on the road di una vera ecologista.

Intervista di Anna Magli
a Carola Ludovica Farci, insegnante di Lettere e Storia in una scuola media superiore.

Intervista a Carola Ludovica Farci, cagliaritana, 32 anni, insegnante di Lettere e Storia in una scuola media superiore. A settembre 2021 si è presa un anno sabbatico per dedicarsi, in solitaria, alla pulizia del Mare Mediterraneo ma anche di qualsiasi altro luogo sporco come boschi, laghi e fiumi avesse incontrato sul suo cammino. Dopo Italia, Grecia, Turchia e Bulgaria si sta dirigendo verso i paesi balcanici, sempre in compagnia del suo labrador Polly e dalla sua indistruttibile utilitaria. L’abbiamo raggiunta in una delle poche occasioni di stanzialità forzata, in un piccolo paese distante 2 ore da Sofia, e fatto il punto sul suo progetto e i suoi programmi futuri.

Carola da dove viene questa forte passione per l’ambiente, così forte da farti decidere di intraprendere una vera impresa?

Io credo che un po’ tutte le passioni nascano in famiglia. Mi ricordo che quando ero bambina avevo ereditato un gioco da mio fratello, assolutamente avanguardistico per l’epoca, che serviva a riciclare la carta usata e a dargli una nuova vita. In casa mia si è sempre stati molto attenti alla salvaguardia dell’ambiente. Mia madre portava pacchi di carta al macero quando dell’indifferenziata ancora non si parlava. Mio fratello era iscritto a Greenpeace ed io ad altre associazioni ambientalistiche. Una cosa che sicuramente ha avuto molto peso nella crescita della mia coscienza ecologica è stata l’appartenenza, fin dai nove anni, a un gruppo di scout laici con cui abbiamo fatto moltissime attività. E infine penso che abbia contribuito anche l’abitare a Cagliari e avere davanti agli occhi ogni giorno la spiaggia del Poetto. Un luogo che abbiamo sempre pulito, con mio padre, e che durante il lockdown lui ha continuato a pulire nonostante i rimbrotti delle forze dell’ordine che volevano che stesse chiuso in casa.

Tu non hai una formazione scientifica, sei insegnante di Lettere e Storia, come hai acquisito le competenze scientifiche sui temi ambientali?

Quando ho cominciato a interessarmi seriamente all’ambiente il mio approccio di approfondimento è cambiato. Ho iniziato a documentarmi su Internet acquisendo informazioni di tipo scientifico, soprattutto sui social. Quando si demonizzano i social non si tiene conto che essi possono essere anche un ottimo mezzo di informazione, sono riuscita a vedere immagini di luoghi sconosciuti e apprendere dati che non avrei potuto neanche immaginare. Ho scoperto che c’erano associazioni nel mondo che pulivano il mare, persone che dedicavano la loro vita alla tutela dell’ambiente. Tutto quello che ho scoperto e appreso mi ha motivato a prestare più attenzione a quello che succedeva intorno a me.

C’è qualcosa che ha fatto scattare “la molla” che ti avrebbe portato verso questa decisione?

Sì, quella che possiamo definire “la causa scatenante” sulla necessità di compiere questo viaggio, nasce da una mia incursione a Napoli dove avevo noleggiato una piccola barca per visitare il golfo. Quella che doveva essere solo un’esperienza turistica è diventata il mio primo esperimento di pulizia. Ho trovato un mare violentato e una costa sporca all’inverosimile: mentre navigavo mi sono trovata circondata da plastica e spazzatura. Mi sono tuffata per recuperare un po’ di roba ma era davvero troppa: tanta e difficile da recuperare. Non avrei mai pensato di trovare tutta quell’immondizia nel nostro mare. Da quel momento ho riconosciuto un bisogno dentro me, una necessità che sentivo come un peso gravoso, un senso di colpa che mi diceva che non stavo facendo abbastanza per il mio pianeta. Io sento ogni giorno, e lo dovrebbero sentire anche gli altri, che la mia presenza in questo mondo è in debito verso il pianeta. Che in qualche modo devo fare qualcosa per controbilanciare questo mio esserci.

Perché hai scelto proprio il Mare Mediterraneo?

In realtà se avessi dato retta al mio istinto, sarei andata nel Sud Est asiatico dove ci sono i mari più inquinati del pianeta ma il Covid e l’impossibilità di portare Polly con me mi hanno fatto desistere. Ho scelto il Mediterraneo e ho trovato molti più rifiuti di quanto potessi aspettarmi. Fino ad oggi, e sono passati 121 giorni, ho raccolto oltre 1600 chilogrammi fra plastica e altra immondizia. Trovo di tutto, veramente di tutto. La cosa più strana che ho trovato? Un candelabro a forma di Cristo che ho raccolto in Grecia nelle isole Cicladi.

Come ti liberi di quanto raccolto?

Questo a volte è un vero problema. Mi è capitato di dover stipare tutto dentro la macchina o sopra il tettuccio e girare in lungo e in largo per trovare un cassonetto. Il problema è che anche nell’Unione Europea ci sono luoghi in cui non esiste la raccolta differenziata: come qui in Bulgaria, per esempio, dove esiste solo nelle grandi città. L’80% dei rifiuti che raccolgo è plastica e mi disturba molto doverli conferire nell’indifferenziata. Inoltre non svuotano neanche i cassonetti con regolarità: pensa che sono qui da 10 giorni e ancora non li hanno svuotati! Quello che sto cercando di fare, è anche di documentare tutto quello che non sono veramente rifiuti. Così, anche per cercare di capire le dinamiche che portano le persone a buttare via indiscriminatamente. In questi giorni per esempio, nel fiume che sto pulendo – sto lavorando in cambio di vitto e alloggio in un villaggio interno al Paese dove scorre un fiume veramente molto sporco – ho trovato un servizio da tavola, con insalatiera, piatti e piattini. In tutto una ventina di pezzi. La ragazza che mi sta ospitando mi ha detto che aveva proprio bisogno di nuovi piatti e così, dopo averli accuratamente puliti e disinfettati, bollendoli uno per uno, abbiamo recuperato un intero servizio ed ora può servirsene senza comprarne uno nuovo. Questa è la tipica spazzatura che si è trasformata in qualcosa di utile. É infatti necessario comprendere che il grande problema non sono solo i rifiuti abbandonati che bisogna raccogliere e differenziare, ma il fatto stesso di produrne tanti. Bisognerebbe proprio evitare che ce ne siano tanti. É fondamentale tentare di dare una nuova vita, una nuova possibilità a tutto quello che si può recuperare. Gli oggetti “usa e getta” di qualsiasi genere sono quelli che hanno distrutto l’ambiente. Eppure continuiamo ad usarne tanti… All’inizio del mio viaggio, a Napoli, ho incontrato una giovane donna che pesava i suoi rifiuti settimanali per capire quanti ne stava producendo. Nel periodo in cui ho soggiornato da lei ha buttato via il “secco” di un mese e mezzo: solo un chilo e mezzo! Considerando che vive con il figlio di un anno e ospita anche un’altra ragazza, direi che ha fatto un ottimo lavoro. Esempi come questo ci dicono che se ci impegniamo a differenziare per bene i risultati ci sono. Una cosa importante è imparare a non comprare cose che poi si devono buttare, ma solo cose che durano.

Hai mai avuto problemi con gli abitanti? Sei mai stata importunata?

Ho ricevuto molti incoraggiamenti ma solo due persone mi hanno aiutata in questi mesi. La prima era una signora che leggeva un libro in una spiaggia greca indossando i guanti, probabilmente a causa del Covid. Appena ha visto quello che stavo facendo si è alzata ed ha iniziato ad aiutarmi. Un’altra volta un ragazzo mi ha dato una mano a trasportare le buste di rifiuti fino ai cassonetti. Uno dei lavori più faticosi di questa esperienza. No, non ho mai fatto incontri sgradevoli, né sono stata importunata. E dire che quando sono partita ne ho sentite di ogni tipo. Mi dicevano che in Turchia dovevo stare attenta perché si sentiva continuamente di ragazze sole aggredite. Su Internet poi giravano consigli su come comportarmi, di non sorridere per strada perché si poteva essere fraintesi. Mai visto un paese più ospitale e di persone così a modo! Una volta mi si è bloccata la macchina dentro un fiumiciattolo che avevo tentato di guadare. Dopo 4 ore che cercavo di disincagliarla, sola in mezzo alla campagna turca, ho visto in lontananza due uomini. Allora ho sparato in aria con la scacciacani per attirare la loro attenzione. Loro mi hanno guardata come fossi un marziano e senza parlare si son infilati dentro al fiume e hanno lavorato fino a che non sono riusciti a sbloccare l’auto dandomi poi la possibilità di proseguire.

Quali sono i tuoi prossimi programmi?

Ho ancora quattro mesi abbondanti davanti. L’idea è di raggiungere la capitale, Sofia, poi dirigermi verso l’Adriatico attraversando l’Albania ed i paesi Balcani. Poi tornerò a casa, decanterò per un paio di mesi questa faticosa esperienza e mi riposerò. Devo essere pronta per il prossimo anno scolastico, per i miei studenti, che mi stanno seguendo in questo viaggio tramite i social: mando foto, mostro quello che trovo, testimonio la mia esperienza. I social sono diventati un po’ il mio diario di viaggio e quei ragazzi che mi stanno seguendo impareranno tramite la mia esperienza molte più cose di quelle che sarei stata in grado di insegnargli fra le quattro mura di un’aula.