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Appennino l’hub. Sosteniamo desideri e aspirazioni per disegnare un nuovo futuro.

Intervista di Anna Magli ad Andrea Zanzini, Project Leader di Appennino L’Hub.

Molte comunità montane che occupano spazi isolati e di scarso interesse economico e turistico, per abilitare le proprie competenze devono essere sostenute da una rete di agenzie in grado di sviluppare una visione capace di generare occupazione, creare nuove imprese a rafforzare servizi essenziali che rispondano alle loro aspirazioni. Appennino L’Hub, incubatore d’imprese per le aree interne, si pone l’obiettivo di “accompagnare le Comunità” ascoltando le loro vocazioni e aspirazioni e dare vita a imprese solide che abilitino le potenzialità dei luoghi e la partecipazione a una rinascita sociale ed economica di queste aree; veri percorsi di accompagnamento verso forme innovative di impresa che forniscano strumenti di sviluppo necessari e rigorosi da declinare nelle specificità del territorio. Operativo in tutto l’Appennino, l’incubatore ha recentemente inaugurato un nuovo approccio mobile ai suoi interlocutori, tramite AppenninoVan, il primo incubatore mobile di “economie abitanti” d’Italia, per promuovere con maggiore efficacia processi partecipativi nelle comunità delle aree interne del Paese. Ne parliamo con Andrea Zanzini, Project Leader di Appennino L’Hub.

Quale è il primo approccio verso le esigenze di una comunità che intende evolversi o esprimersi al meglio? Siete voi a proporre i progetti, sulla valutazione di territorio e risorse, o il più delle volte vi trovate davanti a idee che hanno solo bisogno di essere sviluppate ?
La prima fase di un percorso di accompagnamento è sempre l’ascolto, nasce così una narrazione partecipata di ciò che c’è e di ciò che manca o si desidera. Non portiamo mai idee o progetti nostri ma come i cantastorie del passato raccontiamo percorsi in cui molte comunità dell’Appennino si sono messe in cammino con fatica e con successo. Questi momenti di ispirazione aiutano spesso a superare le paure e l’idea che il declino, la perdita progressiva di popolazione, servizi e attività commerciali, siano un destino ineludibile. E dalle storie collettive e dalle storie personali solitamente prendiamo spunto, ma anche dai beni materiali che esistono e spesso meritano di essere rigenerati. Possono essere edifici, spazi, o in generale luoghi non più in uso e che spesso sono stati importanti nel passato di queste comunità. Ma ancora prima di questo sosteniamo i desideri, le aspirazioni, l’intenzione di disegnare un nuovo futuro per favorire nuovo benessere sociale insieme ad economie che restituiscono solidità e continuità a questi risultati.
Il nostro ruolo è di accompagnare, suggerire con dolcezza, ed offrire strumenti e un network di relazioni che può essere utile a definire i progetti di impresa, farli maturare, trovare i finanziamenti, maturare competenze imprenditoriali, collegarsi ad altre esperienze in Italia e nel mondo.

Come si fanno a mettere in rete i vari soggetti agenti per lo sviluppo del territorio destinati a sostenere i percorsi di accompagnamento delle comunità?
Credo prima di tutto riconoscendo il valore specifico che ogni soggetto può portare, in quale ambito le proprie capacità i propri servizi possono essere utili, qual è l’interesse specifico che può concorrere ad un interesse collettivo. Ogni progetto di comunità nelle sue diverse fasi e momenti ha bisogno di una pluralità di attori con capacità e competenze molto diverse, per poter maturare, svilupparsi, e continuare a creare opportunità di sviluppo costruendo ricostruendo armonia e risposte per gli abitanti del proprio territorio.

Dimenticando per un attimo amministrazioni pubbliche locali, imprese ed enti privati, qual è la forza motrice di una comunità su cui sapete di poter far leva per portare avanti il progetto?
Sicuramente l’attaccamento al proprio territorio e alle relazioni con le persone che lo animano, ma tutto questo non costruirai mai un progetto maturo se non si accompagna con la volontà di confrontarsi con tutto ciò che è lontano da noi, di contaminarsi, e da qui costruire le proprie aspirazioni e perseguirle con tanta ostinazione. Insieme a questo devo dire che spesso sono le ferite che muovono più di qualsiasi altra cosa a costruire delle alternative allo spopolamento, la ferita può essere la chiusura di un’attività commerciale storica, nella quale tutta la comunità si è riconosciuta, l’abbandono di una impresa che segnava i destini di sul luogo, l’abbandono delle ultime famiglie con bambini, ed altri esempi potrei fare. La cosa curiosa è che questi abbandoni avvengono via via gradualmente per anni, poi ad un certo punto, imprevedibilmente, un fatto o un evento risveglia negli abitanti la voglia di reagire ed impegnare tempo ed energie per capire da dove partire.

Come vi muovete per coinvolgere le energie di tutta la popolazione, giovane e anziana, quando magari i progetti non sono esattamente trasversali?
C’è un’ampia letteratura e molti percorsi formativi anche universitari che preparano a realizzare attività partecipate capaci di coinvolgere una comunità e di rigenerazione urbana, uno tra tutti U. Rise dello IUAV di Venezia; la cosa che abbiamo imparato però è che noi non possiamo sostituirci alla comunità, è essa stessa l’unico motore del proprio cambiamento, così come abbiamo imparato che dobbiamo impegnare tempo non solo ad organizzare incontri e laboratori, ma percorrere le strade, entrare nei negozi, e cercare tutte quelle persone che forse non verranno mai ai nostri incontri pubblici ma che possono avere tanto valore da offrire a questi percorsi. Tra questi un ruolo fondamentale ovviamente lo svolgono i più giovani

Com’è la tendenza nel nostro Appennino circa il ripopolamento dei territori e il recupero dell’edilizia rurale abbandonata?
La tendenza degli ultimi anni credo abbia sorpreso tanti, non c’è un luogo in Appennino che non si stia interrogando o abbia già avviato processi per tornare a dirsi comunità e su questo tornare nuovamente attraente per i propri o per nuovi abitanti. Anche i percorsi dedicati alla rigenerazione urbana sono oramai innumerevoli così come tantissime sono le iniziative private, in particolare di giovani e giovani coppie che riqualificano l’edilizia rurale per farne non solo un’attività privata, un’azienda agricola piuttosto che un agriturismo, ma dedicare parte delle proprie energie a coinvolgere le comunità di riferimento in questi progetti.

Quali sono le economie perdute che possono essere recuperate sui nostri Appennini, attirando non solo giovani e disoccupati ma anche professionisti ?
Sono tante anzi tantissime, ma non mi soffermerei tanto sulle loro caratteristiche specifiche, o sulla valenza storica artigianale culturale che è bene riprendere in mano, ma piuttosto sul fatto che nulla può essere più com’era, com’era stato fatto in passato. Ogni attività anche quando riprende in mano un’economia del passato, deve confrontarsi con nuovi modelli di sviluppo, nuove relazioni da costruire, nuove modalità e la capacità di interagire anche con le migliori esperienze lontane dal proprio territorio.

Possiamo fare qualche esempio concreto di “economie abitanti” e magari raccontare di un progetto che vi ha dato particolari soddisfazioni?
Vi faccio un invito che è quello di visitare il nostro sito www.appenninohub.it, li troverete diversi esempi e in questo modo non tradisco l’affetto che ho per ognuno di loro.
Paradossalmente però voglio citare l’ultima esperienza di Cooperativa di Comunità che abbiamo seguito e non è in area interna, ma che negli ultimi due anni ha dovuto rispondere alle stesse necessità di dirsi comunità, affrontare lo spopolamento, ricreare attività commerciali. E’ la Cooperativa di Comunità Pixel, nata in una frazione marginale e periferica del Comune di Rimini, a pochi passi dalla spiaggia e che in pochissimo tempo non solo ha riaperto tre attività commerciali (una gelateria, un negozio di abbigliamento e uno di prodotti tipici) ma anche rigenerato una vecchia pensione oramai in disuso per farne luogo di ospitalità dei lavoratori del turismo, camerieri cuochi animatori etc.., quasi sempre ospitati in luoghi ameni durante la stagione, che oggi trovano alla Pensione Chiara un luogo dignitoso, accogliente ed economico. Così facendo non solo ha rigenerato una nuova economia ma affronta anche una distorsione tipica dell’economia turistica di quella zona.

In ultimo permettimi di sottolineare un aspetto, molto spesso gli abitanti che si fanno intraprendenti e sviluppano nuove imprese e nuove economie, hanno bisogno di un certo lasso di tempo per sviluppare quelle capacità imprenditoriali capaci di dare solidità e continuità agli effetti che la loro intraprendenza intende a produrre. Per questo di recente, oltre ad accompagnare le comunità a definire il proprio progetto e ad avviare la propria impresa, stiamo offrendo loro delle figure di Temporary Manager capaci di affiancarle per un periodo limitato, sostenerle nel compiere le prime scelte imprenditoriali, spesso le più difficili, così da affrontare la fragilità tipica di queste imprese nelle loro fasi di avvio ed acquisire una solidità e capacità di muoversi esclusivamente con le proprie energie della rete di partner che via via avranno costruito.

www.appenninohub.it