Inside The Green
Intervista di Anna Magli Zandegiacomo a
Luca Bracali: fotografo, esploratore, ambientalista.
Luca Bracali ha intrapreso la carriera di fotografo nel 1986. Ha viaggiato in 145 paesi, è autore di 16 libri (entro la fine del 2021 saranno pubblicati altri 4 libri, cosa non comune per un autore) e vincitore di 14 premi in concorsi fotografici internazionali. Dal 2008 è membro di APECS (Association of Polar Early Career Scientists) e dal 2015 collabora con IASC (International Arctic Science Commitee) per i suoi contributi su ambiente pubblicato dai media. Nel 2009 è stato l’unico giornalista a raggiungere il Polo Nord geografico sugli sci. La sua attenzione verso le tematiche ambientali, come lo scioglimento dei ghiacciai e il riscaldamento globale, viene testimoniata dai suoi reportage da Artide e Antartide. La fotografia lo porta a collaborare anche con ricercatori polari dell’Università dell’Alaska e della base del Barneo. Nel 2010 Bracali debutta nel mondo della fine-art photography e le sue immagini vengono esposte, come personali, in musei e gallerie di Roma, Sofia, Kiev, Odessa, Copenaghen, Yangon, Montreal e New York, oltre che a Bruxelles, presso la sede del Parlamento Europeo. Ha firmato 210 servizi come regista per Rai 1, è documentarista per Rai 2 e Rai 3 ed è stato ospite in 50 trasmissioni e TG delle reti Rai come esploratore e story-teller. Diciotto dei suoi ultimi reportage sono stati pubblicati da National Geographic e le sue immagini sono state pubblicate da New York Post, USA Today Post, Fox News, Lens Culture, PetaPixel, Daily Express, Daily Star, Daily Telegraph e The Sun. Dal 2017 diviene ambasciatore dell’associazione no-profit “Save the Planet”. Il Minor Planet Center di Cambridge ha intitolato a suo nome il 198.616esimo asteroide scoperto.
Bracali inoltre è stato il primo al mondo ad accedere allo Svalbard Global Seed Vault nell’arcipelago norvegese delle isole Svalbard, il prezioso deposito globale di sementi che ha la funzione di fornire una rete di sicurezza contro la perdita botanica accidentale del “patrimonio genetico tradizionale” delle sementi.
Da molti anni si dedica al ruolo di docente accompagnatore in viaggi fotografici in tutto il mondo.
La sua arma è il teleobiettivo. Da dove nasce il suo impegno e la sua lotta contro i cambiamenti climatici? Quanto può essere impattante un reportage nella lotta ecologica?
Nasce nel 2004 dal mio primo viaggio in Antartide dove approdai a Vernadsky Base, la stazione di ricerca dove lo scienziato Jonathan Shanklin scoprì per primo, nel 1985, il buco dell’ozono. Nel 2006 affrontai il mio primo viaggio in artico, in Canada per l’esattezza, e poi Alaska, Groenlandia, Islanda, isole Svalbard, Polo Nord Geografico, isole Lofoten, per un totale di oltre 40 fra viaggi, missioni e spedizioni. Uso la fotografia come una specie di cavallo di Troia in senso positivo, per fare breccia ed entrare nel cuore delle persone e poter trasmettere loro il messaggio che voglio, quello del rispetto e della salvaguardia della Terra, dei suoi habitat delle sue infinite specie animali. La fotografia rappresenta il linguaggio più universale che esista al mondo al quale io aggiungo anche la parte giornalistica, corredando le miei immagini, mostre, libri, reportage giornalistici, documentari televisivi di tutte quelle informazioni utili che raccolgo parlando e intervistando scienziati di tutto il mondo, alcuni fra i massimi esperti della salute del nostro Pianeta.
Molti ritengono che la responsabilità individuale non abbia incidenza sulla globalità del problema. Quale è la sua idea di spiegare alle persone che, al contrario, è molto rilevante?
Dunque la domanda pur in apparenza molto semplice, in realtà è assai complessa. Se per ipotesi pensassimo ad una Italia diversa, con 60 milioni di italiani completamente convertiti al full-green e così verdi da cambiare le sorti del mondo questa potrebbe sembrare pura utopia, per il semplice fatto che mettendo assieme la popolazione di India e Cina, che rappresentano quasi un terzo della popolazione mondiale e restano fra i più grandi inquinatori del Pianeta, è una lotta persa in partenza. Però se in realtà ognuno di noi facesse come il colibrì, simbolo di Save the Planet, associazione onlus alla quale appartengo come ambasciatore a vita, e pensasse a fare del bene in maniera responsabile con le proprie azioni, questo comportamento potrebbe essere imitato e divenire quasi virale come una sorta di balletto di TikTok in modo da contagiare quante più persone possibili. Senza una distinzione fra razza, età, sesso e ceto sociale.
Lei gira il mondo da anni e ha avuto modo di verificare lo stato del pianeta. C’è qualche luogo in cui ha rilevato un miglioramento o comunque una reale presa di coscienza del problema e la volontà di risolverlo?
Beh sicuramente ho girato il mondo ma fino a pochi anni fa la presa di coscienza non sapevamo manco cosa fosse. Ricordo quando tornai per la prima volta nel 2008 dall’artico e raccontai la storia degli orsi polari e di quanto fossero in pericolo mi fu risposto da più di una persona:”E se muoiono gli orsi a noi che ce frega! Stanno lassù al ghiaccio, il problema non è certo nostro!”. Chissà cosa mi risponderebbero adesso quegli sciocchi menefreghisti che si saranno resi certamente conto che l’effetto domino dall’artico è arrivato fin qua, sommergendo Venezia, sradicando alberi in Trentino e bruciando intere macchie boschive in Sicilia e Sardegna. Ed ogni anno sempre con maggior violenza che si intensifica in maniera iperbolica. Adesso le cose stanno cambiando in effetti c’è una certa presa di coscienza del problema, qualcosa si inizia a muovere ma non è ancora sufficiente a dare risultati che possano controvertire, anche seppur minimamente, la tendenza.
Ritiene che i giovani, dopo Greta Thunberg, abbiano preso coscienza della responsabilità che li aspetta per i prossimi anni? Quali sono le azioni che secondo lei si potrebbero mettere in campo per un loro maggiore coinvolgimento?
Assolutamente sì, di questo ne sono certo. I giovani non sono ottusi come noi che pensiamo a vivere solamente il presente come fossimo invincibili ed immortali, infischiandosi del futuro che sembra non appartenerci (anche se abbiamo figli e nipoti…). Ho fatto molte conferenze ed incontri in scuole ed università, dalle elementari alla Bocconi, e posso garantire che ho sempre trovato tanto, ma tanto interesse, attenzione e partecipazione da parti di tutti i giovani dai 6 ai 25 anni. Ecco che se tutti piantassimo ad esempio 4 alberi a testa per i prossimi 20 anni, la qualità dell’aria tornerebbe quella di qualche secolo fa, quando la CO2 dovuta ai processi industriali non era nemmeno nella mente umana. Io questo lo faccio tramite Treedom, una associazione che, versando una piccola quota mensile, pianta alberi per me compensando circa 320 tonnellate di CO2 ogni anno. Un esempio da imitare che consiglio vivamente a tutti i giovani e non, che porterebbe a risultati tangibili se fosse praticato individualmente su scala globale.
Viva il Verde opera promuovendo l’attività fisica legata ad un’attività ambientalistica con camminate, incontri sul territorio e staffette con l’obiettivo di sensibilizzare le persone coinvolte verso un obiettivo di sostenibilità ambientale. Nella sua esperienza ambientalistica ritiene che lo sport possa giocare un ruolo importante nell’educare le persone a comportamenti più virtuosi?
E’ innegabile che lo sport possa educare i giovani a comportamenti più virtuosi, quello che è da capire quanto bravi ed efficaci sono i componenti di “Viva il Verde” ad innescare una coscienza ecologica in chi pratica sport. Perché solitamente chi si dedica ad una disciplina in maniera importante vive in una specie di bolla, pensa giustamente a se stesso, ai risultati, a migliorarsi, alla forma fisica, all’alimentazione, ma tutto questo potrebbe fargli perdere d’occhio ciò che sta gli sta accadendo attorno per questo ripeto che sta a voi ad essere capaci come green-tutor ed instaurare un ruolo di mediatori fra ambiente e attività sportiva, legando l’azione benefica dell’attività fisica alla sensibilizzazione del territorio in cui essa verrà svolta e non soltanto.
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