Inside The Green
Intervista di Anna Magli Zandegiacomo a
Sergio Fedele: divulgatore e scrittore ambientale.
Dopo un’infanzia in Calabria, Sergio Fedele cresce in Alto Adige dove si laurea in Economia con una tesi sulle soluzioni innovative al problema del traffico e dell’inquinamento dell’aria nelle città. Diventa Mobility Manager del Comune di Merano (Bz) e poi crea il progetto provinciale per la mobilità elettrica dell’Alto Adige. Contribuisce allo sviluppo della cooperativa energetica italiana Energia Positiva e si trasferisce a Bologna per sviluppare un nuovo autobus elettrico con il progetto LightBus. È nel direttivo di Legambiente Bologna e autore di tre saggi, di cui due incentrati sulle soluzioni alla crisi climatica e ambientale.
Come riesci a conciliare i tuoi studi in Economia con l’impegno per la tutela dell’ambiente e la lotta alle crisi climatica? Non credi che si tratti di una dicotomia, di due fronti inconciliabili:
profitto e ambiente, oppure pensi che si possa trovare un punto d’incontro?
Economia ed ecologia hanno la stessa radice “eco”, dal greco “oikos”, cioè casa o ambiente, quindi questo dovrebbe già far intuire che sono discipline strettamente legate e che bisogna conoscerle entrambe per riuscire a risolvere i gravissimi problemi ambientali. L’economia insegna ad esempio che bisogna calcolare il danno ambientale causato dai rifiuti come la CO2 prodotta da aerei, riscaldamenti e industrie oppure il metano emesso dagli allevamenti e questo danno deve essere fatto pagare a chi inquina altrimenti si distrugge rapidamente l’ambiente. Nasce così la soluzione del Reddito Ambientale che è la proposta centrale del mio manuale per fare la Rivoluzione Ambientale, pacifica. Essa consiste nel tassare le emissioni inquinanti e ridistribuire equamente tra tutti i cittadini il ricavato della tassa. In questo modo si abbattono i danni all’ambiente e si ridistribuisce della ricchezza dal 20% più ricco all’80% della popolazione. Così una nuova tassa diventa politicamente benvenuta.
Tu definisci “Il Primo Follower” un manuale pratico per attivisti ambientali che vogliono cambiare
rapidamente la società e le sue leggi per fermare la crisi climatica e ambientale. Ci puoi tracciare la figura di quello che ritieni sia un attivista ambientale e di come, secondo te, ognuno di noi può prendere coscienza di esserlo?
Si diventa attivista ambientale quando si agisce consapevolmente per ridurre l’impatto ambientale dell’umanità, quindi è alla portata di tutti, basta iniziare. Il primo passo è ridurre la propria impronta ecologica, ma non è più sufficiente per cambiare la situazione, bisogna avere un effetto moltiplicatore e portare altre persone a ridurre la propria impronta ecologica. Nel libro spiego come fare passo passo attraverso il “metodo dei 4 livelli di azione”.
Un ulteriore sviluppo della lettura del “Il Primo Follower” è quello di scoprire che la tua analisi porta a determinare il successo o il fallimento dei movimenti di massa e delle rivoluzioni in genere. Come sei arrivato a queste conclusioni e perché, secondo te, sono scaturite da un libro che aveva ben altri obiettivi?
L’obiettivo del libro è contribuire a fermare la crisi ambientale e climatica in tempi rapidissimi, perché siamo vicini ad un punto di non ritorno rappresentato dallo scioglimento di tutto il ghiaccio del Polo Nord in estate. Indicativamente 10-15 anni. Se quello avviene, il riscaldamento del pianeta accelera in maniera spaventosa e miliardi di persone moriranno letteralmente di fame o di caldo. Le soluzioni le abbiamo da tempo, le spiego nella seconda parte del libro, ma per attuarle nel giro di un paio di anni serve compiere una rivoluzione, cioè un cambiamento radicale nel sistema sociale ed economico e quindi ho dovuto studiare il perché certe idee si diffondono e provocano rivoluzioni, mentre altre di grande valore non ci riescono. Ho scoperto così una serie di meccanismi e di strategie che sono indispensabili per portare la successo qualsiasi rivoluzione, tra cui quella ambientale che secondo me è prioritaria. Ad esempio ho capito il ruolo decisivo svolto dai cosiddetti Primi Follower, cioè coloro che, pur non avendo la visibilità dei leader del movimento, sono in realtà quelli che lo portano al successo e così una parte del libro è dedicata anche a questo nuovo concetto delle scienze sociali che il rapporto Leader-Primi Follower. Non c’entrano Facebook o Instagram.
Qual è il tuo rapporto con l’attività fisica? Credi che iniziative come quelle organizzate da Viva il Verde per la Giornata dell’Ambiente e della Sostenibilità, un connubio tra movimento, sport ed ecologia, possano portare consapevolezza sulla necessità di adottare comportamenti più virtuosi nei confronti dell’ambiente?
Un rapporto molto positivo. Poco dopo che mi ero trasferito a Bologna ero rimasto colpito dallo sciopero della fame di un attivista ambientale in Piazza Maggiore che aveva portato a risultati perché le persone erano rimaste colpite dal suo sacrificio personale. Mi sono chiesto allora quale poteva essere una forma di protesta che richiedesse sacrificio ma che fosse adatta a tutti. Ispirato da Gandhi, ho pensato alle sue famose marce e così ho dato l’esempio camminando da solo per circa 50 km di seguito, per gran parte in salita, da Bologna verso Firenze, così da raggiungere il mio limite fisico. Poi volevo organizzare una staffetta a piedi da Bologna a Roma e a quel punto ho conosciuto Viva il Verde e la storia fantastica delle loro staffette e ovviamente ho deciso di aiutare loro al posto di partire da zero.
Quali sono secondo te le azioni che si possono mettere in campo, in questo settore della sensibilizzazione ambientale, per sollecitare l’adesione di più persone ad una causa e per fidelizzare il loro coinvolgimento emotivo?
Due giorni fa sono stato a Venezia in occasione del G20 per dimostrare il mio sostegno ad Extinction Rebellion che ha compiuto una serie di azioni di grandissima efficacia mediatica come ad esempio posizionare centinaia di scarpe per bambini sul Ponte degli Scalzi per sottolineare che stiamo togliendo il futuro alle nuove generazioni oltre a rovinare il nostro. Eravamo in tanti, anche tra i turisti, ad essere commossi. Studiare le loro azioni è quindi un buon primo passo. In generale bisogna trovare il modo di raggiungere coloro che normalmente non si occupano tanto di questi temi, ad esempio mi impegno a trovare argomentazioni, azioni e metafore che facciano presa sui miei colleghi imprenditori che spesso vengono visti come causa del problema così io cerco di volta in volta di mostrare loro come possono usare le loro competenze, risorse ed aziende per diventare parte della soluzione.