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Per restare al passo con i tempi, l’Italia deve cercare nel suo passato le radici del futuro.

Intervista di Anna Magli a
Ermete Realacci, ambientalista.

Intervista a Ermete Realacci. Ambientalista, ha promosso e presiede Symbola, la Fondazione per le qualità italiane. È tra i fondatori del Kyoto Club. È stato Parlamentare italiano, già Presidente della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera dei Deputati. Ha guidato fin dai primi anni Legambiente. Impegnato da sempre nella difesa dell’ambiente, si è occupato di iniziative per il risparmio energetico e le fonti rinnovabili, per la difesa dei territori e della coesione delle comunità, ma anche contro l’abusivismo edilizio, di lotta alle ecomafie e di promozione delle produzioni agroalimentari di qualità e a KmZero, di commercio equo e solidale e di responsabilità sociale di impresa. Tra le proposte presentate in Parlamento quattro leggi in vigore portano il suo nome: istituzione della commissione d’inchiesta contro le ecomafie; potenziamento del sistema nazionale delle agenzie di protezione ambientale; contro gli ecoreati, e tutela e valorizzazione dei Piccoli Comuni. Suoi altri provvedimenti importanti quali quelli per un’edilizia di qualità: ecobonus, sisma-bonus, bonus-verde, sisma-bonus.

Nel 2005 lei ha contribuito alla nascita di Symbola, di cui è Presidente, fondazione delle qualità italiane che si basa su tre indicatori fondamentali: green economy, cultura e coesione sociale. Dal 2005 vi occupate di un’Italia diversa, che ha bisogno di essere raccontata per continuare a vivere e crescere. Come fate a individuare questa Italia, quali sono le vostre sentinelle e qual è la funzione di Symbola per agevolare i processi evolutivi dei vostri indicatori fondamentali?
Symbola ha come missione valorizzare e difendere la qualità italiana e lo fa mettendo insieme vari piani di lettura che sono sostanzialmente legati a una visione dell’Italia, alla valutazione di dati, alle storie. Il metodo di Symbola può essere definito un intreccio tra visioni, numeri e storie che utilizziamo per produrre i nostri rapporti, alcuni dei quali sono diventati un punto di riferimento per quanto riguarda green economy, cultura e coesione sociale. L’idea di base è: l’Italia deve fare l’Italia. Deve cioè cercare nell’Italia di adesso le radici del futuro. Noi, come italiani, siamo un po’ “criptodepressi”, cioè siamo capaci di vedere i nostri limiti senza affrontarli e incapaci di vedere i nostri punti di forza e utilizzarli un po’ come leva. Buona parte del lavoro di Symbola è interagire con empatia e curiosità con il nostro Paese, con le comunità, con le persone, con le imprese per individuare le chiavi utili ad affrontare le sfide che abbiamo davanti. Non è un caso che abbiamo scelto come nome Symbola: il “simbolo” in greco era la tessera sprezzata che in realtà era un tutt’uno, rappresentava l’unità fra i diversi, il mettere insieme parti distinte. E questo risponde anche alla domanda, su come facciamo a individuare questa Italia diversa: lo facciamo facendo dialogare fra loro mondi molto vari. Sono soci di Symbola, e collaborano con Symbola, non solo imprese grandi e piccole, dal colosso creatore di energia al produttore di latticini locale, ma anche mondi diversi come associazioni, intelligenze, uno scambio che rende l’elaborazione più efficace.

Il primo appuntamento dei firmatari del Manifesto di Assisi per “un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica” si è tenuto il 24 gennaio 2020 nel Sacro Convento. Si parlava della sfida lanciata alla crisi climatica, del bisogno di migliorare l’economia e la società, di un Italia che vuole impegnarsi concretamente e tornare a sperare e investire su un futuro comune. Tutto questo a poche settimane dall’inizio di un’altra crisi che ancora una volta ci condiziona: quella generata dalla pandemia. Come si è evoluto il manifesto di Assisi per fronteggiare questa nuova sfida?
Il manifesto di Assisi è un testo molto breve e molto compatto che adotta un linguaggio semplice su cui abbiamo lavorato molto per renderlo efficace e comprensibile a tutti. Scrivere meno, il processo di sintesi, richiede più lavoro, come ben esprime una frase di Voltaire che scrive una lettera a un amico e alla fine chiosa con “Scusa la lunghezza ma avevo poco tempo…”. La prima frase del manifesto di Assisi «Affrontare con coraggio la crisi climatica non è solo necessario, ma rappresenta una grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e per questo più capaci di futuro» è stata ponderata a lungo. Affrontare con coraggio può valere sia per la pandemia sia per la sfida energetica: è una cosa necessaria ma anche una grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e per questo più capace di futuro. La chiave è dimostrare e leggere le scelte che siamo arrivati a fare, come un elemento non solo obbligato ma anche come un’occasione. Io penso che questa chiave funzioni, soprattutto se si lavora assieme, se le comunità non si strappano, se nessuno viene lasciato solo o indietro, se i saperi collaborano con i valori. Uno dei nostri appuntamenti di qualche anno fa, era intitolato “Empatia e Tecnologia” , un incontro per capire come tenere insieme queste cose. Non sono mai mancati in questi anni appuntamenti sul tema anzi, proprio mentre era in corso Davos, noi tenevamo un importante incontro ad Assisi proprio sulla crisi climatica, con fondamentali pronunciamenti del mondo dell’economia, dei saperi, delle istituzioni che hanno esercitato una spinta importante. Secondo me l’originalità del Manifesto di Assisi risiede in due elementi. Il primo è che questi mondi stanno assieme: cioè i firmatari del Manifesto non sono esponenti di un singolo mondo ma rappresentano in maniera più estesa anche la società. Secondo, si coglie di questa sfida anche il carattere generativo. La potenzialità che ha anche di rendere la nostra economia più forte, in funzione di un cambiamento verso un’economia di stampo umanistico. C’è una parte non piccola della nostra economia, almeno un terzo, che sia nel campo della green economy ed in quello della coesione, procedete velocemente. Ed è quella parte della nostra economia che ottiene migliori risultati sia nella crescita sia nella produzione di posti di lavoro e nell’innovazione. Uno dei pochi esempi che facciamo nel Manifesto è quello dell’economia circolare. Pochi sanno che l’Italia è di gran lunga la superpotenza europea dell’economia circolare. Noi recuperiamo nei cicli produttivi il doppio delle materie prime della media europea, molto più della Germania. E questo ci fa risparmiare ogni anno 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, 63 milioni di tonnellate equivalenti di CO2. Perché accade questo? Accade perché abbiamo fatto delle buone leggi. Accade perché l’Italia è un paese povero di materie prime e quindi nel corso dei secoli, ha dovuto utilizzare quella grande fonte di energia rinnovabile e non inquinante che è l’intelligenza umana. L’insieme di caratteristiche che incrociano economia, società e innovazione sono quelle su cui dobbiamo puntare per affrontare le sfide che abbiamo davanti, sapendo che molte cose sono cambiate. Faccio un esempio per tutte: 30/40 anni fa si poteva pensare che le rinnovabili erano un problema, mentre adesso è evidente a tutti che le rinnovabili sono la vera strada da intraprendere, l’unica. Lo dice l’Unione Europea, lo dice il Presidente Draghi: le rinnovabili oggi costano meno che tutte le altri fonti di energia. Occorre mettere in moto le energie migliori. Io penso che noi abbiamo la possibilità di far vincere un’economia più a misura d’uomo, un’economia più gentile molto più forte, ma dobbiamo essere dei professionisti non dei dilettanti.
Tornando alla crisi energetica, voglio dare un dato. In tutto il mondo, secondo Bloomberg, la produzione di megawatt nucleari è diminuita mentre quella dei rinnovabili è aumentata. Questo ha un solo motivo: l’energia rinnovabile costa di meno ed è più semplice da gestire. Occorre comprendere che siamo già in possesso delle soluzioni e che bisogna accelerare per combattere la crisi climatica, difendere la nostra economia e affrontare le tensioni che questa guerra ci propone.

Riguardo alla transizione energetica, lei ha dichiarato che il nostro paese non sta tenendo il passo con il resto dell’Europa, anzi è sicuramente indietro. Perché si continuano a bocciare iniziative come gli impianti eolici off-shore o il rigassificatore di Porto Empedocle? Fino a quando potremo permetterci di frenare questa transizione con diatribe locali o con l’accusa che un parco eolico devasterebbe il paesaggio quando ormai ovunque questi impianti si integrano armoniosamente in contesti ambientali urbani e naturali? Senza considerare i posti di lavori che si verrebbero a creare e la grande disponibilità di energia pulita.
Il problema sono le lungaggini burocratiche e questo tipo di opposizioni spesso incomprensibili. Un dato che lo dimostra: lo scorso anno l’Olanda, che è grande quanto la Sicilia e la Calabria e ha molto meno sole, ha installato 3 mila Megawatt di fotovoltaico per arrivare gradatamente a 700. E’ chiaro che abbiamo un problema! Elettricità Futura, associazione di Confindustria che riunisce le imprese che operano nel settore elettrico italiano, ha dichiarato che «con capitali privati si è in grado di mettere in campo 60mila GW in tre anni, ad un prezzo inferiore rispetto a quello dei combustibili fossili e garantendo sicurezza e indipendenza per il nostro Paese». Questo se la burocrazia non si mette di traverso creando ritardi e problemi. Io penso che le rinnovabili siano una sfida che non possiamo perdere! A volte vengono presentati, come motivi per fermare le rinnovabili, al di là delle pastoie burocratiche che non mancano mai, anche motivi di tipo paesaggistico. Il paesaggio italiano, per come noi lo conosciamo, è stato formato dall’uomo nel corso dei secoli. Il problema è produrre bellezza. Ora farò un ragionamento per assurdo. Se tornassimo un minuto prima della nascita di Porto Marghera, credo sarebbe necessario fare di tutto per impedire quella follia che per altro ha prodotto anche danni sanitari non risibili. Ma se tornassimo un minuto prima della nascita di Venezia? Venezia ha pesantemente modificato il paesaggio. Una città che si regge su milioni di tronchi d’albero, per la cui costruzione sono stati deviati fiumi rimane comunque un pezzo importante dell’avventura umana. Il tema è quello di fare le scelte che dobbiamo fare continuando a produrre bellezza. Le torri di San Gimignano hanno cambiato lo skyline delle colline toscane. Avete mai sentito di qualcuno che le vorrebbe abbattere? E non è un problema solo italiano. In Francia ci fu una polemica furibonda per la costruzione della Torre Eiffel. Alla fine fu costruita con l’impegno di demolirla dopo un anno, alla fine dell’esposizione universale. Se qualcuno adesso proponesse di demolire la Torre Eiffel riaprirebbero i manicomi. Così come li dovrebbero riaprire se qualcuno proponesse di mettere delle pale eoliche in piazza dei Miracoli a Pisa. Con le nuove tecnologie, che per altro possono rendere più belli questi insediamenti, è possibile produrre bellezza e mettere delle regole precise senza rinunciare alle rinnovabili. Andrea Camilleri nel “Sorriso di Angelica” descrive una passeggiata di Montalbano con Angelica in un parco eolico. La ragazza rimane estasiata da questo paesaggio con le pale che si ergono nel cielo. Tanto affascinata da farle dire “Certo che avete dei paesaggi…” Noi dobbiamo accettare la sfida delle energie alternative mettendo in questa sfida il meglio della nostra storia, della nostra cultura e della nostra anima. Ci sono regioni che hanno ancora una moratoria sulle fonti rinnovabili: bisogna agire, farle presto, farle bene e farle belle. La Commissione Europea con il Next Generation, il Pnrr ha scelto le parole giuste: coesione, transizione digitale. Non farlo sarebbe un errore pesantissimo anche dal punto di vista economico e sociale.

Lei ha citato spesso Adriano Olivetti, come esempio d’industriale illuminato . Ci sono oggi imprenditori illuminati come Olivetti, che promuovono qualità e bellezza dei prodotti unitamente a efficienza e valorizzazione delle persone che lavorano, con un’idea innovativa d’impresa, non solo fabbrica, ma luogo di cultura, aggregazione, formazione e comunità?

Ce ne sono moltissimi. Come Symbola stiliamo un rapporto dove cerchiamo di capire come vanno quelle imprese che hanno rapporti migliori con i lavoratori, con i fornitori, con il territorio e le comunità. Queste imprese, che sono più di un terzo delle imprese italiane, vanno meglio. Esportano di più, innovano di più, producono più posti di lavoro. Imprese che spesso restano ignote ai più. Potrei fare tantissimi esempi ma ne cito due molto diversi tra loro Probabilmente la più rappresentativa è un’impresa che produce macchine da caffè industriali che vende in tutto il mondo; la Nuova Simonelli, un’impresa marchigiana che ha sede in un piccolo paese che si chiama Belforte del Chienti. L’azienda ha 600 dipendenti ed esporta il 90% della produzione pur trovandosi logisticamente in un luogo lontano da autostrade, porti e grandi vie di comunicazione: tutti fattori che spesso sono sopravvalutati. La Nuova Simonelli ha un rapporto con il territorio formidabile, non solo con i lavoratori e i fornitori ma anche con la comunità . Compie azioni “alla Olivetti” , promuovendo azioni di tipo sociale, sportivo, culturale sul territorio in cui opera. Il paese, come si può evincere dal toponimo era originariamente un forte, si trova su una collina dalla tipica morfologia marchigiana: paesaggi dolci e ben curati. I clienti stranieri, quando vengono in visita allo stabilimento, spesso chiedono “chi paga i giardinieri” proprio a dimostrare come l’azienda sia armoniosamente inserita nel paesaggio e ne abbia lei stessa cura. Per loro, infatti, quel paesaggio è simbolo di una pianificazione invece, gli viene spiegato, il paesaggio è simbolo di una cultura. Un altro esempio olivettiano è la più grande acciaieria italiana, la Arvedi di Cremona. Arvedi ha creato un piano per azzerare le emissioni di CO2 e questo piano è il frutto di un progresso tecnologico ma si sposa anche con il rapporto con quel territorio, a cui dedicano molte risorse destinate alla comunità. La proprietà, infatti, considera i settori delle arti, della musica, del teatro strumenti indispensabili per promuovere la crescita socio culturale del territorio e per questo ha ristrutturato l’edificio storico che accoglie il Museo del Violino, elemento propulsore dell’attività culturale del territorio e simbolo dell’ eccellenza liutaria cremonese. Inoltre, sovvenziona l’avviamento allo sport dei giovani a partire dalle scuole elementari, privilegiando l’aspetto socio-educativo legato all’ attività sportiva. Sono iniziative che hanno una tradizione molto italiana. La forza dell’Italia è quando fa l’Italia: quando trae energia dai legami, dalle sue tradizioni, dalle sue eccellenze. Proprio come è scritto nel Manifesto d’Assisi.