
Ibis, nutrie, granchi blu e pappagallini: perché le specie aliene ci invadono?
Intervista a Piero Genovesi, responsabile del Servizio per il coordinamento delle attività della fauna selvatica dell’Ispra
All’inizio sono arrivate le nutrie, introdotte dal Sud America in modo scellerato negli anni ’20 dello scorso secolo, per la produzione delle pellicce. Poi gli Ibis sacri, inizialmente molto affascinanti ma che si sono rivelati un flagello per la fauna autoctona. Quindi, pappagallini verdi, granchi blu, tartarughine dalle guance rosse, gamberi della Louisiana e, in scala discendente, zanzare tigri, cimici asiatiche e molto altro. Sono specie aliene, animali che colonizzano e conquistano spazi e risorse che appartengono alle specie locali. E che lasciano sempre un segno, spesso anche un grave impatto ambientale ed economico. Ma quello che inquieta di più è che, come abbiamo visto per le nutrie, c’è sempre un contributo dell’uomo, in queste invasioni di specie aliene che vanno a modificare la fotografia della fauna locale. Ne parliamo con Piero Genovesi, responsabile del Servizio per il coordinamento delle attività della fauna selvatica dell’Ispra.

Quale è l’andamento della crescita delle specie aliene? Dobbiamo aspettarci, per i prossimi anni, nuove invasioni o incrementi di quelle attuali?
È un fenomeno in forte crescita, sia nel nostro Pease, che è particolarmente vulnerabile, ma anche su scala mondiale. Sono stati raccolti dati in tutto il mondo che indicano che ogni anno compaiono 200 nuove specie aliene, un fenomeno artificiale causato dall’uomo che a volte intenzionalmente, a volte incidentalmente, trasporta specie fuori dal loro areale naturale. Questo aumento, di cui abbiamo notizie ogni giorno fra granchio blu e formiche di fuoco, è legato anche ai cambiamenti climatici, perché il riscaldamento del mare e dei nostri territori rende le nostre aree, acquatiche o terrestri, più idonee a tante specie tropicali che fino a qualche anno fa non si sarebbero potute insediare. Dobbiamo aspettarci nei prossimi anni un aumento notevole: si stima che nell’intero pianeta le specie aliene possano aumentare di un ulteriore 37% entro il 2050.Un incremento che in Europa potrebbe essere ancora maggiore perché è un territorio con clima moderato che il riscaldamento globale “apre” a tante specie. Dipenderà come sempre anche da noi: se mettiamo in atto misure di prevenzione e contrasto possiamo rallentarlo di molto, questo fenomeno.
È vero che la presenza di specie alloctone, cioè delle specie introdotte dall’uomo in aree esterne al loro areale naturale, è un fenomeno antico, cominciato ben prima dell’arrivo della nutria? Quando?
Certo, è antico e non è neanche del tutto negativo. Noi parliamo di queste specie aliene quando c’è un problema, per esempio il granchio blu che decima le nostre vongole. Se però guardiamo in senso più ampio alla vita delle nostre comunità, la maggior parte delle specie aliene non causano impatti particolari, e molte anzi sono elementi essenziali della nostra vita, come il pomodoro, la patata, il cipresso o tutti gli animali che alleviamo come la pecora, che viene dal Medio Oriente, la gallina, un’addomesticazione di una specie asiatica. Noi riteniamo che solo il 10% delle specie aliene causino problemi quindi quando parliamo della necessità di affrontare questo problema, ci concentriamo su quelle che danno un impatto negativo, non su quelle che non lo hanno. Parliamo quindi di un fenomeno antico che è cresciuto, anzi è esploso negli ultimi 100/200 anni perché direttamente collegato alla globalizzazione dell’economia, l’aumento dei trasporti, del commercio, del turismo…
Una volta arrivate nel nostro territorio, le specie aliene ne cambiano l’equilibrio. È capitato che le specie autoctone reagissero per non farsi sopraffare dall’arrivo dei nuovi inquilini?
Sono molte le specie aliene che non riescono ad insediarsi. Secondo un calcolo grossolano ma tutto sommato realistico, su 100 specie che vengono trasportate, saranno circa 10 quelle che arrivano sul territorio di cui magari, solo 1 riesce ad insediarsi. Le altre non sopravvivono al viaggio, non riescono a insediarsi per le condizioni ambientali diverse dalle aree di origine, o non ce la fanno ad espandersi perché non trovano le condizioni climatiche idonee o incontrano un nemico naturale: sono molti i fattori di decimazione preventiva. Altre invece si installano e alcune lo fanno in modo molto tenace, pensiamo alle zanzare esotiche arrivate qualche decennio fa. Specie aliene come queste non solo si espandono ma fanno anche danni molto seri, portando malattie come la Dengue e non incontrano ambienti naturali che ne limitino la proliferazione. Questo succede anche perché non trovano ambienti naturali veramente ostili, e non sono presenti i loro predatori naturali o altri antagonisti come i patogeni che nei loro territori di origine le tengono sotto controllo.
Pensiamo alla nutria, un roditore dell’America Latina introdotto in Italia per produrre pellicce all’inizio del secolo scorso. In America Latina non causa particolari problemi ed è presente in numeri contenuti. Quando però arriva in un territorio dove non ci sono i suoi predatori naturali e gli ecosistemi che la ospitano non si sono evoluti anche per la presenza di questa specie, la nutria aumenta a ritmi molto più elevati rispetto alle aree di origine causando danni particolarmente gravi.
Quali sarebbero gli eventuali predatori della nutria?
In Italia il lupo, il cui numero di esemplari è recentemente molto cresciuto, ha imparato a predare le nutrie in Val Padana. Quando il lupo si è trovato in un territorio con grande disponibilità di nutrie ha imparato a catturarle e a cibarsene, facendo una discreta azione di contenimento. Questo per dire che dei predatori ce ne sarebbero ma non dimentichiamo che parliamo di un roditore acquatico che può raggiungere densità molto elevate, vive negli ambienti acquatici e passa parte del suo tempo in gallerie, quindi non così vulnerabile alla predazione. E proprio il loro vivere in gallerie, ci ricorda che in molti casi di esondazioni le nutrie sono state in parte corresponsabili dei crolli di alcuni argini, a causa proprio dell’azione di scavo negli argini dei fiumi. Secondo un recente studio, la nutria è risultata essere il campione europeo per varietà di impatti negativi, per i danni che causa all’agricoltura, per il rischio idrogeologico, per gli impatti sulla biodiversità e anche per il suo ruolo nella diffusione di alcuni patogeni. Il tipico esempio di come le specie invasive aliene possono avere impatti diversi sulla natura e sulla nostra vita.
Oltre alla modifica degli ecosistemi c’è anche il pericolo del trasporto di nuovi patogeni…
Sicuramente. Con l’arrivo della zanzara tigre sono arrivati più di 20 tra virus e arbovirus, come la febbre Dengue o il West Nile. Un tema che anche a livello internazionale stiamo seguendo con molta attenzione perché può portare dei rischi molti alti. Piu recentemente è stato registrato l’arrivo della Formica di fuoco in Sicilia ed è la prima volta che questa formica di origine brasiliana si insedia in Europa. La Formica di fuoco ha una puntura velenosa estremamente potente ed è considerata tra le specie invasive più distruttive al mondo, capace di avere ripercussioni su agricoltura, biodiversità, infrastrutture elettriche e idrauliche. La sua puntura, particolarmente dolorosa, nell’uomo provoca frequentemente reazioni allergiche e nei casi più gravi il decesso per shock anafilattico. Occorre lavorare molto sulla prevenzione e sul controllo tempestivo una volta che le specie sono arrivate. Al momento, c’è ancora tanto da fare perché è un tema ancora poco compreso dal pubblico e da chi decide le politiche.
Quale è la regione italiana più esposta alla presenza di specie alloctone e per quale ragione?
Tutta Italia è particolarmente vulnerabile agli effetti delle specie alloctone, ma le aree caratterizzate da maggiori traffici commerciali, come la val Padana o le aree urbane, sono particolarmente esposte.
A parte il caso delle nutrie quale altre azioni umane eclatanti hanno determinato l’espansione del fenomeno delle specie alloctone invasive?
Sono molte le attività che sono alla base dell’arrivo di specie alloctone. Se pensiamo ai vertebrati e alle piante, il primo vettore di arrivo è il commercio di specie per motivi ornamentali o di affezione. Per le piante il commercio di piante di interesse ornamentale, per mammiferi ed uccelli il commercio di specie d’affezione, come nel caso di pappagallini e tartarughine. Basterebbe regolamentare meglio queste attività per ridurre di molto i rischi.
Quale è il ruolo dell’Ispra sul tema delle specie alloctone?
Gestiamo un osservatorio in cui gestiamo una banca dati nazionale in cui sono registrate più di 3500 specie aliene e lavoriamo con Regioni e parchi soprattutto per promuovere azioni di prevenzioni e di contrasto dando supporto su questi temi agli organi dello Stato.