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Antarctic Resolution. Antartide non deve diventare preda di conquista per le sue risorse ma laboratorio permanente di ricerca scientifica

Intervista a Giulia Foscari, architetta, ricercatrice, scrittrice e fondatrice di «Unless»

C’è un gruppo di esperti, tecnici, scienziati e artisti, con base a Venezia, che da quasi 6 anni si è dato l’obiettivo di difendere e tutelare l’Antartide. Quello che viene definito comunemente «Polo Sud» è divenuto negli ultimi anni – un po’ come accade ora con la Groenlandia – territorio molto ambito, una meta di conquista. Sono 76 le stazioni allestite dai più potenti Paesi presenti in Antartide per scopi, almeno ufficialmente, di tipo scientifico e di ricerca. Ma l’Antartide è strategico sia dal punto di vista geopolitico sia per le ricchezze potenzialmente giacenti sotto le calotte di ghiaccio. Ed è quindi a rischio sfruttamento. Laboratorio ideale per studiare gli effetti del cambiamento climatico, l’Antartide non è certamente indenne da questo fenomeno. Accanto al suo studio di architettura Giulia Foscari, architetta, ricercatrice e scrittrice veneziana, nel 2019 ha fondato l’agenzia no-profit «Unless» per portare avanti ricerche collettive e interdisciplinari su temi con valenza politica, come la minaccia della crisi climatica. Da questo progetto è nato Antarctic Resolution, un monumentale volume che inquadra dal punto di vista scientifico, geopolitico e visuale le forze che oggi agiscono sui 26 quadrilioni di tonnellate di ghiaccio del continente antartico. La pubblicazione ha coinvolto oltre 150 autori, tra cui glaciologi, astrofisici, storici, medici, esperti di diritto internazionale, antropologi, architetti, ingegneri e artisti. Ha vinto numerosi premi, tra cui il premio S+T+ARTS indetto dalla Commissione Europea, ed è stato inserito tra i migliori Coffee Table Books del 2021 secondo il New York Times.

Architetto Foscari, un progetto artistico che contiene ricerche collettive e interdisciplinari…Come nasce Unless?

Il progetto nasce per proteggere i beni cari a tutta l’umanità, come l’Antartide, gli Oceani, l’Atmosfera e lo Spazio. Per l’Antartide l’obiettivo era mettere a fuoco nella coscienza collettiva il ruolo di quel luogo per la stabilità del pianeta: da minaccia per la Terra ad archivio planetario per le politiche ambientali.

Quali conseguenze sta scatenando il riscaldamento globale sull’Antartide?

L’Antartide è un continente che equivale al 10 percento delle terre emerse e racchiude il 90 per cento del ghiaccio presente sul Pianeta. Se questo ghiaccio si sciogliesse interamente porterebbe ad un innalzamento del livello del mare di 60 metri. Quello che sta succedendo ora con il riscaldamento climatico globale, l’accelerazione assurda dello scioglimento del ghiaccio, equivale oggi ad un quantitativo che corrisponde a 200 piscine olimpioniche al minuto.  Questo significa che lo scioglimento dei ghiacciai potrebbe portare ad un innalzamento del mare di una media di tre metri nei prossimi decenni. Ci sono infatti ghiacciai che si stanno sciogliendo, non solo in superficie per il riscaldamento dell’atmosfera, ma anche sottoterra con un’azione di erosione dell’oceano che, a sua volta riscaldato, scioglie le lingue di ghiaccio. Un vero disastro perché lo scioglimento delle lingue di ghiaccio, rimuove l’azione frenante che queste hanno rispetto ai ghiacciai che stanno a monte: ed è questo il rischio forte, il tipping point (punto di non ritorno) oltre il quale l’accelerazione potrebbe essere devastante e lanciare la più grande migrazione che abbiamo potuto sperimentare come comunità intera.

La realizzazione di Antarctic Resolution ha una doppia ambizione. Quale?

Antarctic Resolution è stato il primo progetto che abbiamo lanciato con l’Agency Unless.  La sua prima espressione è stata la realizzazione di una pubblicazione in cui abbiamo invitato i massimi 150 esperti mondiali nell’ambito della geopolitica, della scienza, dell’architettura, della logistica a contribuire ad un’unica pubblicazione, a un unico corpo di ricerca, che è diventata la bibliografia di riferimento sull’Antartide. Antarctic Resolution è poi diventata ovviamente open act, per essere completamente accessibile. In seguito abbiamo iniziato tutta una serie di campagne urbane di mostre, che si sono svolte nelle Biennali di architettura, al Museo Von Thyssen a Madrid, a Toronto… Uno vero sforzo collettivo, interdisciplinare, per portare attenzione sull’Antartide dove con Resolution intendevamo la duplice interpretazione del termine: l’idea di offrire, forse per la prima volta, un’immagine ad alta risoluzione del continente e dall’altro lato identificare risoluzioni, a livello di policy, che devono essere messe in atto per preservare questo continente nel nome dell’umanità intera.

Cosa è Speak Up for Antarctica Now?

Lanciata a Berlino ma accessibile anche online, Speak Up for Antarctica Now è una campagna per bloccare le future estrazioni di idrocarburi in Antartide, istituire nuove aree marine protette nell’Oceano del Sud e impegnarsi a creare stazioni di ricerca internazionali nel continente.  La campagna è stata diffusa in tutta la città di Berlino con grandi cartelloni e schermi digitali. In un rally alla porta di Brandeburgo, abbiamo perorato sul palco la causa della protezione dell’Antartide insieme ad esponenti di Fridays for Futures, Greenpeace e the Antartic and Southern Ocean Coalition.  L’obiettivo della campagna è farsi ascoltare dai delegati dell’ATCM (Antarctic Treaty Consultative Meeting), i rappresentanti delle 29 nazioni che hanno il diritto di voto sulla governance dell’Antartide. Ma la sua ambizione ultima è più ampia: quella di difendere la giustizia inter-generazionale, creando una circoscrizione per l’unico continente al mondo senza una popolazione indigena. E difendere la protezione del pianeta, e della nostra stessa specie.

Perché l’Antartide è considerato il più importante archivio planetario di dati climatici sul pianeta?

Perché il ghiaccio, stratificato nei milioni di anni sull’Antartide, custodisce bollicine d’aria che a loro volta racchiudono tutti i dati che registrano i trend della CO2, dei gas serra, della temperatura del nostro pianeta. Poche settimane fa è stato raggiunto per la prima volta, con un carotaggio, un ghiaccio vecchio 1 milione e 200 mila anni. Dal carotaggio precedente, che invece aveva raggiunto ghiaccio vecchio di 800 mila anni, si poteva evidenziare che mai, nell’Olocene, abbiamo raggiunto livelli di CO2 comparabili a quelli attuali. In nessuna delle ere glaciali e interglaciali, degli ultimi 800 mila anni.

Secondo lei, tutti questi paesi che hanno allestito decine di stazioni sull’Antartide, stanno veramente lavorando solo sulla ricerca scientifica?

Sono 76 ad oggi le stazioni che sono locate in Antartide e sono lì a nome della scienza ma, in realtà, sono anche ambasciate che in qualche modo mantengono una postazione geopolitica strategica sul continente. Avendo fatto una capillare analisi con Antarctic Resolution, mappando tutte le architetture realizzate e le infrastrutture sul continente, si evince che di queste, quasi la metà sono obsolete. È quindi il momento opportuno per chiedersi se sia corretto, se è giunto il momento di sostituire queste strutture con nuove infrastrutture perché in un territorio cosi ostile l’infrastruttura non sopravvive oltre ad un trentennio. L’alternativa, e qui secondo me sta l’opportunità, è quella di consolidare, quanto meno su scala europea, le nostre infrastrutture sul territorio per ottimizzare in termini di investimento, il potenziale scientifico che potremmo ottenere. Considerando le opportunità che il territorio dell’Antartide offre alla ricerca scientifica, credo che questa ultima strada sia la più praticabile.

Per arrivare a questa conclusione basterebbe riflettere sul fatto che proprio in Antartide abbiamo già avuto un grande successo: è stata la scoperta del buco nell’Ozono, che è avvenuta in Antartide, a portare al Protocollo di Montreal!

Donald Trump, da poco insediato come Presidente USA, ha manifestato progetti, o meglio mire, ben delineati sulla Groenlandia, che vuole occupare per sfruttarne anche le ricchezze in termini di risorse petrolifere e minerarie. Che ne pensa?

Temo che la sua ambizione corrisponda alle sue reali intenzioni e questo sarebbe devastante insieme al passo indietro che ha fatto in merito all’accordo di Parigi. Non mi stupirebbe se dirottasse queste sue ambizioni anche sull’Antartide ed è quindi il momento di fare fronte compatto qualora gli Stati Uniti davvero intendessero perseguire questa politica. Occorre resuscitare una forma Di attivismo, sia come cittadini che come governi, per contrastare questa politica in difesa del nostro pianeta.