Bologna Montana Art Trail. Marco Bogar. Le narrazioni idilliache sono dannose: occorre sviluppare e promuovere una più acuta e più concreta sensibilità nei confronti dell’ambiente.
Intervista a Marco Bogar, uno dei due realizzatori dell’opera per Bologna Montana Art Trail
Nella pineta di Loiano, sull’appennino tosco-emiliano, lungo il percorso Bologna Montana Art Trail, gli artisti Simona Cavatoni e Marco Bogar hanno realizzato l’opera di land art “ISTRICE” installandola in uno spazio con una vista panoramica mozzafiato dove si possono vedere anche le Alpi.
La figura dell’Istrice simboleggia in natura il valore della fede o della fiducia in genere ma anche le virtù della prudenza e della previdenza. Indica l’obbligo di essere accorti in un mondo pericoloso, violento, crudele e perennemente sottomesso alle pulsioni di morte e insegna, a chi sa guardarlo, la necessità morale di proteggersi e di tenersi a debita distanza dagli altri. La sua attività notturna o crepuscolare lo sottrae agli sguardi degli esseri diurni, i più comuni e ordinari; la sua innegabile capacità di uccidere e mangiare i serpenti lo pone di fatto tra i simboli occidentali della lotta contro le potenze del male.
Abbiamo intervistato Marco Bogar, uno dei due realizzatori dell’opera che fa parte del percorso Bologna Montana Art Trail, dove selezionati artisti realizzano opere di Land Art avvalendosi di materiali prevalentemente naturali, come alberi, rami, sassi, terra ed altro. Le opere sono e saranno installate in modo permanente lungo il percorso con l’intento di realizzare nell’arco di alcuni anni una galleria a cielo aperto, costellata di decine e decine di installazioni.
Marco, qual è stata la sua esperienza di formazione e qual è il suo percorso artistico?
Ho seguito un percorso di formazione prevalentemente tecnica, alla quale ho successivamente affiancato una formazione di carattere artistico.
Secondo la sua esperienza, quali sono le inclinazioni, gli stati d’animo e le competenze che deve avere un artista di land art?
Un acuto spirito di osservazione e la capacità di mettersi in relazione con l’ambiente nel quale si trova ad operare, sono delle doti fondamentali per poter realizzare delle opere in armonia con l’ambiente ospitante.
Essere flessibili è poi necessario, poiché non sempre si può lavorare nelle condizioni desiderate (possono ad esempio venire a mancare degli specifici materiali); si deve inoltre essere a volte capaci sacrificare qualche idea efficace a livello progettuale per assecondare alcune esigenze imposte dai materiali e dalle circostanze ambientali.
Infine, oltre alla sensibilità artistica necessaria a produrre un’opera soddisfacente dai punti di vista concettuale ed estetico, sono richieste buone capacità tecniche al fine di supportare strategie progettuali tali da garantire la tenuta statica delle opere, anche al manifestarsi di condizioni avverse.
Lei sceglie il materiale in base al soggetto o perché, magari, quella materia inerte le ha procurato determinate sensazioni?
La scelta del materiale è principalmente legata al progetto. Certo, alcuni materiali possono suggerire alcuni svolgimenti, o risoluzioni, ma cerco di utilizzare il materiale come mezzo per il consolidamento di un’idea o di una suggestione maggiormente legata al sito nel quale l’opera verrà installata.
Come trova le fonti di ispirazione per realizzare i suoi lavori? Da dove trae spunto la sua creatività?
La mia immaginazione è da sempre stata stimolata dalla letteratura e dalle arti plastiche e visive. L’osservazione e lo studio di ciò che è stato ed è fatto da chi ha più esperienza e mestiere, hanno sempre fornito delle profonde linee guida e fonti di ispirazione per progredire e migliorare.
Quante opere ha realizzato a oggi? Quali sono quelle che le hanno dato maggiori soddisfazioni?
Avendo iniziato nel 2019, e realizzando una o due opere di land art all’anno, ho realizzato poco meno di una decina di opere. Trovo soddisfazione quando un’opera riesce a trasformare e valorizzare il significato di un luogo, e ad entrare in relazione con chi la guarda.
Qual è la sua idea di armonia fra i due mondi, quello dell’uomo e quello della natura?
Trovo che questo sia uno dei temi dei nostri tempi: se da una parte l’umanità si trova a vivere con un retaggio legato alle necessità di sopravvivenza e dominio nei confronti della natura (tipiche del nostro passato), il progresso tecnologico degli ultimi due secoli ha portato l’uomo ad esercitare un impatto smisurato nei confronti della natura (sebbene si ritrovi ancora inerme di fronte a tutta una serie di fenomeni naturali). Credo che sia necessario sviluppare e promuovere una più acuta e più concreta sensibilità nei confronti dell’ambiente, scevra da vuote e dannose narrazioni di carattere idilliaco. Credo che la cultura sia un’arma fondamentale al fine di promuovere la consapevolezza che l’uomo debba avere nei confronti della natura e che sia molto importante agire anche all’interno degli ambienti urbani (dove la maggior parte degli esseri umani si troverà a vivere in futuri). È soprattutto da qui che è necessario rieducare alla cura dell’ambiente come ecosistema nel quale dipende la nostra sopravvivenza e non come soggetto del quale si possa fruire indiscriminatamente.
Parliamo della sua opera per Bologna Montana Art Trail, L’Istrice, realizzato con Simona Cavatoni.
Quale messaggio avete voluto mandare a chi osserva il suo lavoro? Cosa rappresenta per voi l’istrice?
L’istrice è un animale notturno e molto schivo, difficile da incontrare. La consapevolezza della sua esistenza potrebbe ad esempio ricordarci che non siamo i soli soggetti a popolare questo mondo, nonché l’importanza di una più consapevole ed altruista condivisione degli spazi.
A cosa sta lavorando ora?
Al momento sto progettando una nuova installazione per il 2025 e sto portando avanti alcuni progetti personali di modellazione e scultura su legno.