L’uomo che pianta gli alberi. La storia di Fiorenzo Caspon da imprenditore di successo a difensore di alberi e terreni sfruttati.
Intervista di Anna Magli a Fiorenzo Caspon, imprenditore di Treviso.
Ogni tanto ci piace raccontarvi storie verdi. Storie di persone che amano la natura e con coraggio e volontà, si danno da fare per cambiare il mondo. Spesso lo fanno contro il parere degli altri, attirandosi la disapprovazione e il dileggio di chi non confida nelle loro idee. Persone che credono ancora che, se ognuno di noi facesse la sua parte, qualcosa cambierebbe. Fiorenzo Caspon è un imprenditore di Treviso ormai noto come “l’uomo che pianta alberi”. Perché Caspon salva gli alberi destinati a essere tagliati e li ripianta nei terreni di sua proprietà nelle campagne di Vedelago in provincia di Treviso. Ma Caspon non salva solo gli alberi, strappandoli da un inesorabile destino di legna da ardere, acquista anche campi destinati all’agricoltura intensiva e li riporta allo stato naturale, facendo crescere solo foraggio e fiori. Fiorenzo Caspon è un visionario che vorrebbe ricostruire il mondo della sua infanzia e regalo ai bambini di oggi che saranno uomini di domani. Il suo lavoro ha dato vita ad un’oasi in cui continuano a vivere più di 8.000 alberi con tanti benefici per la pianura Padana, tra le zone più inquinate d’Europa.
Da dove è nata la necessità di “ristrutturare” il territorio? Almeno quello che ha riscattato dall’agricoltura intensiva.
Provengo da una famiglia contadina e sono attratto dalla passione per la natura. Ho vissuto la mia giovinezza in mezzo a campi, e mi è rimasto dentro questo tipo di vita semplice: piantare alberi, coltivare foraggio e rispettare la terra. Sono andato a scuola, mi sono diplomato e sono diventato imprenditore, e per anni ho un po’ trascurato la mia passione. Non ho mai smesso però di camminare nei campi e non potevo fare a meno di vedere la devastazione a cui sono stati destinati. Una cosa che mi era diventata intollerabile. E intanto pensavo che prima o poi avrei avuto il denaro per fermare questo scempio, acquistare quei terreni violentati e farne dei campi rigogliosi, come quelli della mia infanzia. E adesso si sono riuscito.
Quanti alberi ha piantato fino ad oggi?
La scorsa settimana ho finito di piantumarne 700, però negli ultimi 12 anni ne ho piantati quasi 7.500. Tutti alberi di grossa stazza, alberi di 100 anni e già destinati a diventare legna da ardere, perché li stavano espiantando. Io li ho recuperati , a volte anche pagandoli a mie spese. Le prossime generazioni li vedranno vivi e vegeti.
Come ha cominciato?
Nel 2009 mi hanno offerto dei campi proprio qui a Vedelago, vicino alla mia fabbrica, terreni che erano interessati da coltura intensiva. E così ho tolto tutto e sono partito con dei cipressi, cinque o sei, poi via via degli alberi della nostra zona, quindi gelsi, lecci, faggi. E da lì ho continuato ad acquistare terreni e a piantarci i “nostri” alberi.
Da dove arrivano questi alberi?
La costruzione della via Pedemontana veneta, che si trova a circa 200 metri dalla mia proprietà, ha eliminato tutti gli alberi che impedivano la realizzazione della strada. Tutti quelli che hanno espiantato da Vicenza fino a Treviso li ho recuperati e impiantati nei miei terreni. Sono alberi che hanno dai 70 ai 100 anni . Cerco di recuperare la logica di agricoltura che c’era una volta, quando i nostri nonni ai lati delle coltivazioni mettevano i filari di gelsi o di platani o di aceri campestri. Non li ho ripiantati alla rinfusa, ho voluto creare i campi che c’erano una volta. Se non si conosce la storia dei miei terreni ricostruiti, sembra che questi campi, per uno che li vede la prima volta, siano da sempre così. Con foraggio, fiori, alberi già adulti e strutturati. E’ come fare un balzo nel passato. I 70 cm di terreno fertile tipici di questa zona, con la coltura intensiva, sono diventati aridi e inquinati da diserbanti, disseccanti, liquami tossici nocivi . Avendoli bonificati con la semina di foraggio e fiori in un paio di anni sono ritornate tutte le specie di uccelli scomparse da decenni . Inoltre questi 70 cm di terreno si sono rigenerati con il ritorno di una microfauna scomparsa: vermoni grassi, chiocciole, lucciole, rane, cavallette e grilli.
Quindi c’è stato proprio un cambiamento radicale dell’ecosistema?
Con mio figlio e un’azienda autorevole, abbiamo fatto una valutazione degli impatti positivi sugli ecosistemi. Abbiamo voluto capire quanta anidride carbonica i nostri alberi possono incamerare. Sono arrivati risultati sbalorditivi. Ogni anno i nostri alberi incamerano 5 mila tonnellate di anidride carbonica e forniscono 30 mila ettolitri di acqua che va a ricaricare le falde acquifere per merito delle rogge fatte con aratro e badile.
Che cosa dicono gli altri agricoltori?
Purtroppo una minoranza mi accusa di rovinare i campi perché non li coltivo con granoturco, grano e colza ma faccio crescere il foraggio. Ma è esattamente il contrario.
Lei invece vede solo ed esclusivamente vantaggi…
La mia attività resterà nella storia di questo territorio. Proprio perché valgono poco in termini economici, nessuno vorrà questi terreni. Ma sono tante le persone che vengono a vederli. Sono tutti aperti, chiunque può entrarci e godere degli spazi. Non sono segnalati come miei, ma le persone nella zona sanno che sono di mia proprietà perché sono gli unici (o quasi) angoli di verde non interessati da coltivazione intensiva (frumento e pannocchie in particolare). A me fa molto piacere il via vai di gente: il vantaggio della mia attività è in termini di ecologia, ambiente, ossigeno ed è per tutti, gratuitamente.
E’ vero che oltre al foraggio ha seminato fiori che ricordava nella sua infanzia?
Ho seminato i fiori che potremmo quasi già chiamare “i fiori di una volta”, quindi papaveri, fiordalisi, schiacciasassi, margherite bianche e grigie… Voglio ricostruire i panorami che vedevo da bambino e vorrei che i bambini di oggi li vedessero, che andassero per i campi a raccogliere i fiori, a guardare le api.
Come le vede il futuro agricolo del nostro Paese?
Penso che da qui a 10 anni ci sarà una vera e propria débâcle per l’agricoltura, sia a causa delle colture intensive, sia per i liquami che non vengono smaltiti. Purtroppo non ci sono più i contadini di una volta, da trent’anni a questa parte a mio parere la maggior parte degli agricoltori ha distrutto tutto il bello e il sano della campagna. È difficile pensare ad un’inversione di rotta perché è difficile comunicare questa passione genuina per la terra e per gli alberi ai giovani.
Prima di essere un “piantatore”, lei era ed è un imprenditore di successo. E la sua è anche un’azienda con attenzione all’ecologia…
Abbiamo inventato la spugna in rame, un materiale nobile a cui non si attaccano batteri né niente. La facciamo solo noi in Italia e anche in Europa. È l’unica cosa ecologica che si può trovare sul lavandino. Abbiamo anche fatto pagliette saponate con olio di cocco, che è vegetale (e più sostenibile dell’olio di palma) e quindi non inquina le falde acquifere. Ci sono anche altri prodotti meno ecologici ma ci impegniamo molto in questa direzione. Bisogna essere coerenti…